La nostra epoca vive una tremenda contraddizione: da un lato la crisi del pianeta è sempre più drammatica, dall’altro lato le associazioni che dovrebbero rappresentare le istanze di tutela soffrono di una crisi che definirei oramai irreversibile. Ho operato per più di trent’anni in questo mondo e perciò ritengo di poter parlare a ragion veduta. Vediamo qui quali possano essere le ragioni, partendo dal presupposto che la crisi si manifesta sia nei numeri, sia nei metodi.
I numeri. Quando entrai in Pro Natura – era la metà degli
anni ottanta – c’erano circa 1600 soci. Quando me ne andai, nel 2015, circa la
metà. E tutti o pressoché tutti anziani. E le altre associazioni storiche non è
che se la passino meglio: il WWF ha chiuso tutte le sedi locali; Italia Nostra
è alla canna del gas; Legambiente sopravvive grazie a sponsorizzazioni, che
però ne limitano l’azione. E allora viene da chiedersi: perché i giovani non
dico non si impegnano nel mondo ambientalista ma neppure pagano trenta euro o
giù di lì per una quota annuale? Uno dei motivi consiste sicuramente nel
generale disinteresse per l’ambiente. La crisi del pianeta è, come dicevo,
drammatica, e se ne fa un gran parlare, nei social, nei media, ma la
consapevolezza diffusa è bassa, molto bassa. Sì, i giovani magari non fanno
sciocchezze come raccogliere fiori in montagna o gettare il riciclabile
nell’indifferenziato, ma qui spesso finiscono i comportamenti virtuosi: sono
incapaci di andare aldilà, di fare un salto di qualità. I giovani se proprio
“devono” impegnarsi nell’associazionismo preferiscono il sociale, forse –
ipotizzo - perché questo garantisce risultati immediati, a differenza
dell’ambientalismo che non garantisce di farti vedere i frutti del tuo operato,
anzi, tutt’altro.
I metodi. Mentre sto scrivendo queste righe le associazioni
ambientaliste stanno per inviare delle osservazioni alla giunta regionale del
Piemonte che, con la scusa del Covid, varerà l’ennesimo provvedimento a favore
di una edilizia sempre più senza vincoli. Osservazioni, comunicati stampa:
tutto inutile ed anche mortificante. Nessuno nelle stanze del potere prenderà
in considerazione alcuna delle proposte delle associazioni. Ha senso
partecipare allo stanco rito della partecipazione democratica verso un potere
che a qualsiasi livello – locale o centrale – dell’ambiente se ne strafotte,
specie oggi che le associazioni rappresentano ancora meno? Non sarebbe più
proficuo puntare su altre strade, magari meno partecipative ma di maggior
effetto, di maggior impatto mediatico? Prendiamo l’esempio da Greenpeace che
con le sue azioni catalizza l’attenzione dell’opinione pubblica ed è una delle
poche associazioni non in crisi. Per restare nel campo del consumo di suolo io
ho suggerito di proporre di mettere in moto l’edilizia abbattendo tutti i manufatti
abusivi del paese e risanando il territorio. Oppure di inviare a tutti i
sindaci che autorizzano nuove lottizzazioni su terreni agricoli una foto che
ritrae scaffali di supermercato zeppi di mattoni e cemento con il commento “Un
giorno mangerete questo”. Nessuno mi ha cagato. Finché le associazioni
seguiranno la strada della “leale collaborazione” con un potere che di esse se
ne strafrega perderanno solo del tempo e si faranno del sangue marcio. Non dico
certo che altri metodi eclatanti otterrebbero risultati, ma almeno qualche mass
media raccoglierebbe le provocazioni, parlerebbe del problema. Invece così è il
nulla. Il nulla che viene vissuto come una sconfitta: l’ennesima. Perché questo
è la storia dell’ambientalismo: una sequenza infinita di sconfitte.
Si potrebbe eccepire che esistono i Fridays for Future con la loro paladina Greta. Vi siete però mai domandati perché abbiano un seguito? Perché la loro proposta è perfettamente consona con il greenwashing dell’odierno capitalismo: passare dalle fonti fossili alle energie alternative. Ma senza cambiare lo stile di vita. Quasi che ciò fosse anche solo lontanamente ipotizzabile… L’ambientalismo non è questo.
Ottimo articolo che pone sul tavolo gravi problemi reali, anche se non analizza le cause del disastro delle associazioni che si sono lasciate sospingere in un pessimo animalismo e hanno smesso di svolgere il loro autentico ruolo, anzi hanno contribuito a diseducare il grande pubblico che oggi pensa di aiutare la natura dando da mangiare ai gatti randagi
RispondiEliminaConcordo in pieno con l'articolo. L'ambientalismo si è rammollito e le associazioni sono diventate circoli di anziani.
RispondiEliminaAche pro scendere a compromessi col potere se i risultati sono questi?
Le Associazioni hanno fallito perchè il problema è molto più grande di quanto possa sembrare. La civiltà industriale è fallita in toto, perchè è incompatibile con il Sistema Biologico Terrestre,o, se volete, con l’Ecosfera, con la Terra stessa. Il problema è nato 2-3 secoli fa, con l’affermarsi della filosofia di Cartesio, Bacone, Locke. Non si può andare avanti con processi che alterano il modo di funzionare (o di vivere) del Sistema molto più grande di cui facciamo parte integralmente. Purtroppo, nessun modello culturale è capace di concepire la propria fine, e dobbiamo abbandonare le basi stesse del modello: l’antropocentrismo, la crescita, l’incremento dei beni materiali. Non dovremmo mai dimenticare la posizione dell’uomo in Natura, quella di una specie animale, anche facilmente classificabile (Classe Mammiferi, Ordine Primati). Nessuna Associazione può avere molti seguaci con queste premesse. Ormai, ci penserà la Terra.
RispondiEliminaMah, un discreto lavoro di analisi sulla situazione delle associazioni ambientali (anche se pieno di "ingratitudine" per un mondo senza il quale non avremmo parchi nazionali e neanche quel minimo di legislazione ambientale) che, essendo attivista WWF da quasi 30 anni, in parte condivido, avendo vissuto il declino degli ultimi anni in prima persona.
RispondiEliminaPero'... Pero' poi delusione completa riguardo alla proposta per uscirne...
Si esalta la metodologia Greenpeace...
Si chiede di puntare tutto sul fare casino affinché "i giornali ne parlino"... Ma io credo che il vero fallimento dell'ambientalismo non stis nel fatto che non si parli abbastanza dei guasti ecologici Che poi non e' neanche vero. Il fallimento anzi sta nel fatto che invece se ne parla E BASTA!
Il fallimento delle associazioni ambientaliste degli ultimi anni sta nel non riuscire pou' a essere un mondo che faccia sentire col cuore la bellezza dell'impegno costante, concreto e DISINTERESSATO per la tutela dell'ambiente...
Il fallimento delle associazioni ambientaliste sta nell'aver ceduto al credere che basti bucare il video e raccogliere fondi, per risolvere le questioni ambientali e puntare in gran parte sul marketing, invece che sul volontariato attivo.
Secondo me l'ambientalismo adesso ha bisogno di evolversi nel far capire che essere ambientalisti non vuol dire solo riciclare e consumare meno energia. Ma vuol dire sentirsi un'unica cosa con la Natura, che non e' solo una riserva di risorse s nostra disposizione ma un insieme di cui siamo solo una parte, non i padroni.
Fare cose mediatiche per far passare un messaggio non servirà a niente se poi non incarnò amo quella messaggio. E se poi non facciamo niente di concreto per salvaguardare la biodiversità, gli animali, le piante, i territori.
I flash mob senza operazioni dirette di salvaguardia non e' ambientalismo.
E'una chiacchiera buona per intrattenere una serata di salotti televisivi. Ma che annoia presto e non risolve niente.
Ah, io cme WWF oggi sono stato a sgobbare nel fango di un'oasi che ha salvato dal cemento un pezzo di piana fiorentina e dato casa ad aironi e fenicotteri e poi a salvare rospi sulle strade... Qualcosa le associazioni ambientaliste ancora lo fanno...