(fonte: Quantic Magazine)
Era l’estate del 1968. Mi trovavo su un prato, una radura nel bosco, in val
d’Ayas. Attorno a me abeti, nuvole, suoni della vicina foresta. Mi rendevo
conto di essere tutt’uno con quanto mi stava attorno. Assieme a quegli alberi,
quegli scoiattoli, quegli uccellini, incorporavo un divenire.
Cento milioni di anni fa, ero un piccolo insettivoro che si arrampicava sugli alberi; un altro suo diretto discendente oggi sopravvive soltanto nel Borneo. Invece io ero diventato un Lemure, poi un Primate, e adesso ero lì a meditare.
400 milioni di anni prima ero stato nel mare, e forse sentivo le fasi
lunari. E prima, prima ancora… Ma che senso ha il tempo?
Quell’uccellino che sentivo volare lì attorno, 150 milioni di anni fa era
un piccolo dinosauro, “lui” però è sopravvissuto, e ha imparato a volare… Pesa
pochi grammi, ma ha tutti i miei stessi organi, il suo sangue resta “caldo”,
come il mio. È attento a tutto, e ha un incredibile scatto nel volo.
Allora mi venne l’ispirazione di esprimere in qualche modo questo divenire,
questa Unità-Varietà di viventi di cui facevo parte.
Così rientrai nella casetta di legno, ed è nata l’unica mia poesia, un inno
alla Vita.
Ode alla vita
Solo era il rosso sul terzo pianeta
Il mare vagava nell’aria rovente
Montagne di fuoco salivano al cielo,
un cielo che rosso cercava le stelle.
Sempre più scura si forma una crosta
rugosa di monti, di fuoco, di valli.
Calore s’irradia nel nero di stelle
finché prime gocce si forman di mare.
Qualcosa s’addensa nell’acqua ancor calda
Un fremito corre sul terzo pianeta.
Qualcosa di nuovo, un palpito, un soffio
nasce sul fondo mistero del mare.
La luna non vede che cosa è che nasce
Nessuno s’accorge del fondo del mare.
L’onda continua a picchiar sulla rena
Continua a girare lo spazio infinito.
Nel mare del mondo quei grappoli erranti
trasportano il germe del tempo che viene.
Veleggia portata dall’onde la vita
che attira soltanto la diafana luce.
Qualcosa di verde si muove là sotto
e verde è il colore che fabbrica vita.
Il sole non sa che dà cibo a qualcosa
nell’acqua e nel sale del terzo pianeta.
Segmenti striscianti di zampe e d’antenne
percorrono un mare di fissi colori.
Verde rigoglio di vita ha assaggiato
il sapore dell’aria indorata di sole.
Verde foresta di umido e caldo
alberga chi vuole il respiro dell’alto.
Piccola corda di bianco si muove
fra rena deposta dal flutto del mare.
Osso è l’interno di guizzo natante
Solido muso si sporge dall’acque
Guscio soltanto ricopre chi nasce.
Chi piccolo vive la vita dell’avo
più grande ha sentito quest’alito nuovo.
Alette vibranti percuotono il cielo.
Dal verde spuntati colori più vivi
Attendono il volo del seme di vita.
Freddo di sangue e di viscida mole
il mostro gigante che domina il mondo.
La luna splendeva su scaglie d’argento
Rosso era il mare per l’isola ardente.
Verso il calore dal cuore nascente
si slancia nell’aria il serpente con l’ali.
Il vento che porta un odore di piume
ascolta il principio di canti, di nidi.
Occhi d’astuzia da dietro la foglia
spiano già l’uovo del grande serpente.
Il mostro è caduto. Già scorre sul mondo
il bianco alimento dei figli del pelo.
Quello più grande è tornato nell’acque.
Regno di zanne, foresta di fiori.
Scende dall’alto di bianco la morsa
che scava le valli e prepara il futuro.
Nudo animale è comparso sul mondo
Qualcuno ora sente i colori dell’alba.
💜💜💜💜💜💔
RispondiEliminaBellissima. Peccato che sia rimasta unica
RispondiEliminaGrazie, Bruno, per averla pubblicata sul tuo blog.
RispondiElimina