giovedì 25 marzo 2021

Ode alla vita, una poesia di Guido Dalla Casa

 (fonte: Quantic Magazine)


Era l’estate del 1968. Mi trovavo su un prato, una radura nel bosco, in val d’Ayas. Attorno a me abeti, nuvole, suoni della vicina foresta. Mi rendevo conto di essere tutt’uno con quanto mi stava attorno. Assieme a quegli alberi, quegli scoiattoli, quegli uccellini, incorporavo un divenire.

Cento milioni di anni fa, ero un piccolo insettivoro che si arrampicava sugli alberi; un altro suo diretto discendente oggi sopravvive soltanto nel Borneo. Invece io ero diventato un Lemure, poi un Primate, e adesso ero lì a meditare.

400 milioni di anni prima ero stato nel mare, e forse sentivo le fasi lunari. E prima, prima ancora… Ma che senso ha il tempo?

Quell’uccellino che sentivo volare lì attorno, 150 milioni di anni fa era un piccolo dinosauro, “lui” però è sopravvissuto, e ha imparato a volare… Pesa pochi grammi, ma ha tutti i miei stessi organi, il suo sangue resta “caldo”, come il mio. È attento a tutto, e ha un incredibile scatto nel volo.

Allora mi venne l’ispirazione di esprimere in qualche modo questo divenire, questa Unità-Varietà di viventi di cui facevo parte.

Così rientrai nella casetta di legno, ed è nata l’unica mia poesia, un inno alla Vita.

 

 Ode alla vita


Solo era il rosso sul terzo pianeta

Il mare vagava nell’aria rovente

Montagne di fuoco salivano al cielo,

un cielo che rosso cercava le stelle.

Sempre più scura si forma una crosta

rugosa di monti, di fuoco, di valli.

Calore s’irradia nel nero di stelle

finché prime gocce si forman di mare.

 

Qualcosa s’addensa nell’acqua ancor calda

Un fremito corre sul terzo pianeta.

Qualcosa di nuovo, un palpito, un soffio

nasce sul fondo mistero del mare.

La luna non vede che cosa è che nasce

Nessuno s’accorge del fondo del mare.

L’onda continua a picchiar sulla rena

Continua a girare lo spazio infinito.

 

Nel mare del mondo quei grappoli erranti

trasportano il germe del tempo che viene.

Veleggia portata dall’onde la vita

che attira soltanto la diafana luce.

Qualcosa di verde si muove là sotto

e verde è il colore che fabbrica vita.

Il sole non sa che dà cibo a qualcosa

nell’acqua e nel sale del terzo pianeta.

 

Segmenti striscianti di zampe e d’antenne

percorrono un mare di fissi colori.

Verde rigoglio di vita ha assaggiato

il sapore dell’aria indorata di sole.

Verde foresta di umido e caldo

alberga chi vuole il respiro dell’alto.

Piccola corda di bianco si muove

fra rena deposta dal flutto del mare.

 

Osso è l’interno di guizzo natante

Solido muso si sporge dall’acque

Guscio soltanto ricopre chi nasce.

Chi piccolo vive la vita dell’avo

più grande ha sentito quest’alito nuovo.

Alette vibranti percuotono il cielo.

Dal verde spuntati colori più vivi

Attendono il volo del seme di vita.

 

Freddo di sangue e di viscida mole

il mostro gigante che domina il mondo.

La luna splendeva su scaglie d’argento

Rosso era il mare per l’isola ardente.

Verso il calore dal cuore nascente

si slancia nell’aria il serpente con l’ali.

Il vento che porta un odore di piume

ascolta il principio di canti, di nidi.

 

Occhi d’astuzia da dietro la foglia

spiano già l’uovo del grande serpente.

Il mostro è caduto. Già scorre sul mondo

il bianco alimento dei figli del pelo.

Quello più grande è tornato nell’acque.

Regno di zanne, foresta di fiori.

Scende dall’alto di bianco la morsa

che scava le valli e prepara il futuro.

 

Nudo animale è comparso sul mondo

Qualcuno ora sente i colori dell’alba.



3 commenti: