(fonte: Stop fonti fossili)
“Se una
cricca di psicologi malvagi si fosse riunita in una base segreta sottomarina
per architettare una crisi che l’umanità non abbia speranza di risolvere, non
avrebbe potuto trovare niente di meglio del cambiamento climatico” (Oliver
Burkeman, giornalista)
Una rana immersa in un pentolone di acqua bollente immediatamente salterà fuori per salvarsi. Se però l’anfibio viene immerso in acqua fredda e il contenitore viene riscaldato poco alla volta, egli non sarà in grado di percepire il lento aumento della temperatura e finirà per soccombere non appena l’acqua sarà prossima all’ebollizione.
Si tratta della ben nota sindrome della rana bollita, spesso citata come metafora per illustrare come individui che sperimentano piccole modifiche incrementali in un sufficiente arco temporale tendono ad adattarsi al graduale cambiamento e a non rendersi conto delle conseguenze delle modifiche cumulative intercorse rispetto allo stato iniziale.
In un precedente post mi chiedevo come mai così tante persone tardano a riconoscere la gravità dei cambiamenti climatici in atto nonostante le innumerevoli evidenze scientifiche, analizzando gli argomenti avanzati dagli scettici e dai negazionisti.
Tuttavia, l’oggettiva debolezza di tali argomenti non può evidentemente rendere compiutamente ragione di una simile sottovalutazione del problema, che è invece a mio avviso ben spiegata con gli strumenti della psicologia umana proprio ricorrendo alla metafora della rana bollita.
Essendo il riscaldamento del pianeta graduale e di modesta entità, è
difficile riconoscerne le conseguenze, e la situazione poco a poco modificata
viene semplicemente percepita ogni volta come una nuova normalità.
Rispetto alla rana, l’uomo ha peraltro una difficoltà in più non da poco, ed è il fatto che a differenza dell’acqua nel pentolone il clima è soggetto ad ampie fluttuazioni che nascondono i suoi lenti mutamenti di fondo e fanno sì che sia oggettivamente difficile senza l’ausilio della scienza discernere l’aumento medio della temperatura all’interno del naturale alternarsi delle stagioni e dell’incessante succedersi degli eventi metereologici.
La lentezza del
cambiamento in cui siamo immersi, inoltre, induce molti di coloro che pure sono
consapevoli del problema a pensare che se ne possa procrastinare la soluzione e
che l’impatto dell’inazione non sarà cumulativo o irreversibile.
Se però di
tanto in tanto, come un astronauta in orbita attorno alla Terra, ci sforzassimo
di vedere le cose dal di fuori e passassimo in rassegna come in un time-lapse
la vicenda umana degli ultimi due secoli, ci sarà più facile confrontare la
situazione di partenza con quella attuale, riconoscendo l’enorme impatto sulla
biosfera causato dalla impetuosa crescita economica mondiale e ammettendo che
l’immenso e incessante pompaggio di miliardi di tonnellate di CO2 e di altri
gas serra nell’atmosfera non poteva non avere le micidiali conseguenze che
sappiamo sui complessi sistemi di regolazione climatica.
Ma torniamo
alla rana, ovvero a noi: per quanto lento e graduale sia l’aumento della temperatura,
arriverà un punto in cui la gradevole sensazione di essere immersi in acqua
tiepida lascerà il posto ad una spiacevole percezione di caldo eccessivo e
insopportabile, e tuttavia a quel punto la rana, indebolita dai prolungati
sforzi necessari all’adattamento, non avrà più le energie per saltare fuori dal
pentolone, finendo tristemente i suoi giorni nell’acqua bollente.
E qui sta il
punto cruciale: se vuole evitare la catastrofe climatica l’umanità deve essere
in grado di passare energicamente all’azione quando è ancora economicamente in
grado di farlo, vale a dire prima che altri fattori quali la crisi del debito e
l’esplosione di bolle finanziarie, l’accrescersi dei conflitti regionali, la
deplezione delle risorse, il terrorismo e quant’altro impediscano l’allocazione
delle immani risorse necessarie ad una rapidissima transizione su scala globale
dalle fonti fossili alle rinnovabili.
E allora,
scuotiamoci dal torpore che ci avvolge e, alla faccia di psicologi e folletti
malvagi, saltiamo fuori da questo opprimente pentolone prima che sia troppo
tardi!
Sì, tutto vero... Non ce ne accorgiamo.
RispondiEliminaFinché casualmente non metto piede in uno strano edificio e mi accorgo che è un nevaio... Ma quì non nevica da anni!!