(fonte: Volere la luna)
Un articolo pubblicato il 15 gennaio 2019 sul quotidiano inglese
The Guardian (passato
ovviamente inosservato nei nostri organi di disinformazione, concentrati su ben
altri problemi…) dovrebbe farci molto riflettere.
L’articolo riportava i risultati del viaggio fatto l’anno scorso dallo scienziato Brad Lister, nella foresta pluviale portoricana di Sierra de Luquillo a 35 anni dalla sua prima esplorazione. Ebbene, Lister ha scoperto che in quel remoto angolo del mondo il 98 per cento degli insetti terrestri era scomparso. La notizia è tanto più clamorosa se si pensa che tale foresta pluviale è un parco nazionale, e quindi protetta da interventi umani, quanto meno diretti.
Queste
le sue parole: «Si è verificato un vero collasso delle popolazioni di insetti
in quella foresta pluviale. Abbiamo iniziato a capire che questo è terribile,
che è molto, molto inquietante». E, come noto, gli insetti sono alla base della
catena alimentare, dimodoché nella foresta anche le rane e gli uccelli sono
diminuiti contemporaneamente di circa il 50-65 per cento.
La
notizia è tanto più sconcertante se si pensa che i dati sono relativi a un’area
protetta. Se ne può facilmente evincere che dove la natura non è protetta la
situazione sia ben più grave.
Del
resto, basti pensare che ad esempio in Europa le farfalle sono diminuite del 50
per cento in venti anni (periodo dal 1990 al 2011). E che persino nelle riserve
naturali tedesche in 25 anni gli insetti volanti sono crollati del 75 per
cento.
Quale
la causa della drastica diminuzione? Le alterazioni degli ecosistemi (i parchi
non sono isole…) e il riscaldamento climatico. Sempre Brad Lister ricorda che
il numero di periodi caldi, con temperature superiori a 29 gradi centigradi, è
aumentato enormemente: si è passati da zero negli anni Settanta fino a qualcosa
come il 44 per cento dei giorni.
Il
filosofo inglese Timothy Morton definisce il riscaldamento globale un
“iperoggetto”, ossia un oggetto di cui noi non comprendiamo la grandezza, in
cui trascorriamo la nostra vita. Anzi, il riscaldamento globale è l’iperoggetto
per eccellenza. Un iperoggetto di cui non comprendiamo la valenza e la gravità.
Quindi ci comportiamo come se non esistesse. Riguarda tutti gli esseri umani da
vicino, è connesso a tutte le nostre attività e agli oggetti con cui abbiamo a
che fare, eppure è percepito come lontanissimo.
Morton
ne trae la conclusione che la fine del mondo almeno per l’uomo è già iniziata.
Iniziò con l’Antropocene e si sta concretizzando velocemente. Avrà ragione lui?
Chissà, forse sì, a giudicare da quello che accade in una sperduta foresta pluviale di Porto Rico.
Purtroppo è la realtà,le peggiori previsioni del Club di Roma si stanno pienamente realizzando,dovrebbe essere nei titoli di testa di ogni giornale o discussione ma sembra che non interessi a nessuno o forse stiamo solo rimuovendo la consapevolezza classico caso di psicologia applicata ,quando l'uomo non sa come risolvere un problema lo nega
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