mercoledì 19 maggio 2021

Verso cervelli più potenti e con più memoria?, di Bruno Sebastiani

 


Il Prof. Giuseppe Remuzzi, Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, ha pubblicato sul Corriere della Sera del 21 marzo 2019 un articolo dal titolo “Più intelligenti e con più memoria – Il caso delle gemelline nate in Cina dopo l’editing genetico”.

L’intero articolo è consultabile nel sito de “Il Cancro del Pianeta” . 

L’elemento più importante che emerge dallo scritto è che un particolare intervento di biogenetica sarebbe in grado di potenziare memoria e intelligenza.

I soggetti sottoposti a questa pratica di “editing genetico” vengono privati della proteina CCR5 che è “porta d’entrata del virus dell’HIV ma anche inibitore naturale delle sinapsi fra i neuroni di quella regione del cervello che ci aiuta a ricordare (ippocampo). Se togli questo freno potenzi le facoltà intellettuali”.

Come in altri casi, una ricerca scientifica rivolta a un settore specifico (nella fattispecie la prevenzione dell’AIDS) si può rivelare decisiva in un ambito ben più ampio.

Si noti che il discorso non concerne solo gli umani, ma vale anche per altre specie: i “topi privati del gene CCR5 … sono più intelligenti degli altri”.

La notizia ha fatto scalpore in quanto uno scienziato cinese, He Jiankui, ha annunciato nel novembre 2018 di aver applicato la tecnica in questione al DNA di alcuni embrioni umani, dai quali sono nate due gemelline, teoricamente immuni dall’infezione da HIV, ma, soprattutto, predestinate a sviluppare un livello di intelligenza e di memoria superiori alla media.

Si tratta dei primi esseri umani “geneticamente modificati” e, al di là di quelle che saranno le necessarie verifiche sull’esito dell’operazione, la vicenda può essere presa come spunto per importanti considerazioni sui limiti dell’intelligenza e sugli sforzi che l’uomo compie per superarli.

Sin dai miti più antichi l’ambizione umana si è rivolta verso l’espansione dell’intelligenza e verso l’allungamento della vita (esplicite al riguardo le promesse del serpente ad Adamo ed Eva).

In realtà il cervello dell’uomo è già di gran lunga il più potente ed efficiente tra tutti quelli esistenti.

Ma all’essere umano questo non basta. I motivi di tale insoddisfazione sono essenzialmente due.

Da una parte vi è la insaziabile volontà di potenza di nietzschiana memoria, frutto dell’incontro tra l’istinto di sopravvivenza e le capacità cerebrali super-evolute: più si è forti e potenti più si vorrebbe esserlo per meglio sottomettere e dominare ciò che ci circonda.

Da un altro lato l’autocoscienza ci mostra come la Natura sia immensa e le nostre forze siano misere rispetto alle sue. Riusciamo a modificare temporaneamente a nostro vantaggio molte leggi naturali, ma poi queste si rivoltano contro di noi e rischiamo di finire sopraffatti come le tante specie vegetali e animali che abbiamo già condotto all’estinzione.

Ecco allora che un surplus di intelligenza potrebbe forse consentirci di continuare a navigare ancora per un po’ in mezzo alla tempesta che abbiamo scatenato.

In questa direzione vanno le ricerche sulla rete mondiale destinata a collegare tutti i cervelli umani e quelle sull’intelligenza artificiale, alle quali dedicherò la mia attenzione in prossimi scritti.

Ma anche l’intervento effettuato da He Jiankui va in tale direzione, pur se non è ancora dato di sapere quale sarà la sua effettiva efficacia e validità. Emblematica al riguardo è la frase di chiusura dell’articolo di Remuzzi: “Il compito degli scienziati per adesso è solo quello di essere sicuri che questa tecnica eventualmente funzioni e che non crei problemi più grandi di quanti ne vorremmo risolvere.”

Si potrebbe ribattere che l’insieme di tutte le tecniche scientifiche, a fronte di indubitabili vantaggi nel breve periodo, hanno già creato all’uomo (e alla biosfera) problemi più grandi di quanti l’intelligenza umana sia oggi in grado di gestire.

E si può aggiungere che è proprio questo il motivo per cui fioriscono ovunque i vari tentativi di espandere le capacità cerebrali dei singoli individui, della collettività e delle macchine.

Ma il proliferare di questi sforzi è anche la migliore conferma della limitatezza della intelligenza umana, argomento al quale avevo a suo tempo dedicato una rubrica su Neuroscienze.net.

Se la nostra superiorità fosse assoluta perché mai dovremmo cercare di espanderla?

La realtà è ben diversa da come la osserviamo. Elaboriamo ogni pensiero come se fossimo al centro della scena perché possiamo vedere o sentire ciò che ci circonda solo con i nostri occhi e con le nostre orecchie. È la famosa visione antropocentrica della realtà.

Se, una volta tanto, utilizzassimo la nostra capacità di astrazione non per elaborare teorie tanto astruse quanto dannose per la Natura ma per immaginarci fuori dal nostro corpo e per guardarci da lontanissimo (con un telescopio?), ebbene allora appariremmo minuscoli come formiche, batteri, virus, infimi animaletti circondati da monti e valli tanto più grandi di noi.

Allora forse freneremmo la nostra smania di crescere numericamente a dismisura e di divorare ogni risorsa del pianeta per nutrire l’immensa schiera di animaletti che abbiamo prodotto e riprodotto.

Questa è la visione ecocentrica della realtà, di fronte alla quale non ha senso cercare di espandere ulteriormente le nostre capacità intellettuali.

Al contrario. Dovremmo accettare con gioia la limitatezza della nostra intelligenza, augurandoci un suo regresso ed auspicando la diffusione planetaria di modelli sociali basati sulla decrescita anziché sul consumismo più folle e deleterio.

Cervelli più potenti potrebbero creare solo disastri più catastrofici, perché comunque sarebbero nulla rispetto alla potenza della Natura.

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