(fonte: Stop fonti fossili)
Cosa accadrebbe se togliamo dal freezer dei broccoli surgelati e li lasciamo all’aria a temperatura ambiente per qualche settimana? Possiamo ben immaginarlo senza fare l’esperimento: man mano che l’ortaggio si scongela il suo aspetto cambierà diventando sempre meno appetibile, il verde naturale comincerà ad imbrunirsi e un pesante olezzo invaderà la cucina. Col passare del tempo il broccolo all’inizio florido e ricco di sostanze nutrienti andrà a male trasformandosi in uno striminzito ramoscello secco, perdendo gran parte del suo peso. Oltre all’acqua che pian piano sarà evaporata, i microrganismi avranno decomposto la materia organica rilasciando CO2 e metano nell’ambiente.
Proviamo ora ad
immaginare di ripetere lo stesso esperimento su una gigantesca massa di
broccoli contenente 1700 miliardi di tonnellate (GT) di carbonio dispersa sul
20% delle terre emerse del nostro pianeta. Lo scenario è di quelli di un film
dell’orrore, ma uscire dalla sala cinematografica in questo caso non ci
tranquillizzerà, perché ciò che sta accadendo nella realtà dopotutto non è così
diverso. Dobbiamo solo sostituire i broccoli con il permafrost,
il suolo permanentemente ghiacciato ricco di materia organica che ricopre
immense superfici dell’emisfero boreale, presente in particolare in Siberia,
Canada e Alaska, ma anche in molte zone montane a latitudini più basse. Il
permafrost, generalmente ricoperto da un sottile strato di suolo attivo
superficiale non perennemente ghiacciato, può spingersi nel sottosuolo fino a
1500 metri di profondità. Per effetto del riscaldamento globale, che è più
accentuato nelle zone artiche, il permafrost tende a scongelarsi a partire dal
suo strato esterno e a rilasciare lentamente carbonio in atmosfera sotto forma
di CO2 e metano, che a loro volta accentuano l’effetto serra e
il conseguente surriscaldamento del pianeta. Lo scongelamento del permafrost è una delle
conseguenze dei cambiamenti climatici da tempo prevista dagli esperti, i quali
tuttavia ritenevano, sulla base dei modelli elaborati anni addietro, che il
fenomeno avrebbe cominciato a manifestarsi non prima della metà di questo
secolo. Purtroppo avevano torto, perché da una decina di anni a questa parte il permafrost ha cominciato a fondere ad
una velocità che in Alaska è stata valutata in circa un decimo di grado l’anno,
lasciando esterrefatti i ricercatori che tengono sotto osservazione quei
territori.
Rispetto all’esempio
dei broccoli per certi versi la situazione è ancora peggiore, perché non è solo
grazie all’azione dei microrganismi e del calore prodotto dal loro metabolismo che
avviene il rilascio di carbonio in atmosfera. Il permafrost infatti in molte
aree ingloba vasti giacimenti metaniferi, normalmente sigillati dal terreno
compatto ghiacciato, che in presenza di uno scongelamento possono, come una
bottiglia di spumante, far saltare il tappo sovrastante facendo fuoriuscire il
metano in atmosfera. Un preoccupante indizio in questo senso sono i sempre più
frequenti ritrovamenti di misteriosi crateri in Siberia, che si pensa siano
appunto provocati dall’eruzione di depositi sotterranei di metano favorita
dallo scioglimento del permafrost.
Del resto, i segni di
una crescente destabilizzazione dei suoli alle alte latitudini sono numerosi ed
evidenti: si va dalle cosiddette “foreste ubriache” diffuse nella taiga
siberiana e in Alaska, con gli alberi inclinati a causa della fusione del suolo
sottostante, alle improvvise cadute di vaste masse rocciose dai pendii, ai
devastanti incendi estivi, fino ai sempre più frequenti danneggiamenti e crolli
di edifici e infrastrutture, a cui viene letteralmente a mancare il terreno
sotto i piedi. L’instabilità geologica innescata dal progressivo scongelamento
peraltro rende problematica una futura creazione di insediamenti urbani in
queste aree – il cui clima sarà sempre più mite – da parte di un numero
crescente di donne e uomini in fuga da Paesi resi invivibili da siccità,
desertificazione e violente ondate di calore.
Va aggiunto che le
conseguenze potenzialmente nefaste di un permafrost che si scalda e scongela
non finiscono qui: per dirne una, a seguito della scoperta di temibili virus preistorici risalenti
all’ultima glaciazione rimasti silenti per millenni nel ghiaccio artico, c’è
chi si è spinto ad ipotizzare possibili epidemie incurabili causate dal
‘risveglio’ di questi agenti patogeni indotto dallo scongelamento. Insomma un
disgelo di portata così ampia può avere una miriade di effetti indesiderati,
che oggi possiamo a malapena immaginare, su un ambiente delicato e ancora poco
conosciuto che sin qui ha svolto la funzione cruciale di naturale frigorifero
del nostro pianeta.
Ma è l’influenza sul
clima globale della Terra che preoccupa di più. Vengono i brividi al pensiero
dell’eventualità che, man mano che l’umanità riduce le sue emissioni per
scongiurare l’apocalisse climatica, una quantità di carbonio uguale a quella
risparmiata venga rilasciata dal permafrost in via di scongelamento,
vanificando così un immane sforzo collettivo che a quel punto si potrà dire
essere intervenuto fuori tempo massimo. Certamente oggi non sappiamo se sarà
così, e non possiamo fare altro che agire come se non lo fosse. I numeri in
gioco però sono impressionanti: secondo stime recenti recensite
dalla National Academy of Sciences americana,
la quantità di carbonio contenuto nel permafrost è maggiore della somma di
quello già presente in atmosfera (730 GT) più quello della massa vegetale
vivente (650 GT), e vale l’equivalente di due secoli e mezzo di emissioni di
carbonio da combustibili fossili all’attuale tasso.
Abbiamo scherzato e stiamo tuttora scherzando con il fuoco acceso dai combustibili fossili e con il ghiaccio che si scioglie. Con il passare del tempo diventa sempre più evidente che i feedback positivi come lo scongelamento del permafrost, che amplificano il riscaldamento globale, sovrastano ogni ipotetico feedback negativo, rendendo obsoleti i modelli climatici basati su una progressione lineare dei fenomeni, su cui si è fatto troppo affidamento. Viene alla mente l’immagine di uomini che, dopo aver lentamente spinto la Terra fin sulla cima di un rilievo, ora si affannano nel cercare disperatamente di frenarla evitando che la sfera, rotolando, prenda velocità fino a schiantarsi.
Nessun commento:
Posta un commento