Perché un nuovo
libro sul cancro del pianeta? Ho cercato di condensare la migliore risposta a
questa domanda in una frase inserita nella quarta di copertina: "Le cellule cancerogene sono consapevoli di
essere maligne, cioè di essere apportatrici di una malattia mortale?
Sicuramente no. Se lo fossero regredirebbero? Difficile a dirsi, ma laddove
possibile il tentativo di renderle consapevoli andrebbe fatto."
Ebbene, se, sulla base della teoria esposta nel mio primo libro, l’essere umano è da considerare alla stregua di una cellula tumorale che sta distruggendo i tessuti sani del corpo di Gaia, il passo successivo non poteva che essere quello di tentare di renderlo edotto di tale sua natura.
Altro che figlio
di dio, re del creato, signore del mondo ecc. ecc.
Abbiamo semplicemente
ricevuto da madre natura il “dono non richiesto” (“the unsolicited gift” di
koestleriana memoria, ovvero l’abnorme evoluzione del nostro cervello) e lo
abbiamo usato a nostro esclusivo vantaggio, invadendo e devastando gli spazi
che l’equilibrio creatosi in milioni e milioni di anni aveva riservato a tutte
le altre specie animali e vegetali.
Ora siamo
vicini al punto di non ritorno, probabilmente lo abbiamo già superato
innescando reazioni che finiranno per distruggere anche la nostra specie dopo
tutte quelle che abbiamo già annientato, esattamente come accade alle cellule cancerogene
negli ammalati di cancro in fase terminale.
Come continuare
ad assistere a questo scempio senza lanciare un urlo nel tentativo disperato di
aprire gli occhi dei nostri contemporanei?
Se questa è la
motivazione che mi ha spinto a scrivere questo nuovo saggio, relativamente al
suo contenuto mi sono avventurato in tre distinti territori.
Innanzitutto ho
approfondito il tema fondamentale dell’abnorme evoluzione subìta dal nostro encefalo
e della sua ulteriore accelerazione di tipo autocatalitico. Nel primo libro (“Il Cancro del Pianeta”) avevo già affrontato l’argomento, ma in modo sintetico. Qui ora, in
questo nuovo saggio, gli ho dedicato più spazio ed ho cercato di analizzarlo anche
alla luce dei contributi di alcuni autorevoli neuroscienziati.
In secondo
luogo ho esplorato i cataclismi che il nostro pianeta ha sopportato nel corso
della sua lunga vita per cause “non antropiche”, quali le glaciazioni, gli
impatti siderali, le estinzioni di massa. Come noto per i negazionisti queste
calamità furono assai più rilevanti di quelle causate dall’uomo, e tale
argomento viene sbandierato per sminuire le nostre responsabilità in tema di
danni ambientali. La mia analisi giunge a conclusioni ben diverse, ma per poterlo
fare in modo puntuale era necessario immergersi in questa materia e sviscerarla
sotto ogni angolatura, ad iniziare dall’esame delle devastazioni dei tessuti
sani del pianeta da noi già perpetrate per poi passare ad argomentazioni di
tipo più teorico-deduttivo.
Infine nell’ultima
parte del libro viene introdotta la figura di un “buon dottore” cosmico, un soggetto
immaginario alieno dalla visione antropocentrica del mondo, il quale,
osservando la Terra e la sua storia dallo spazio, passa in rassegna i
contributi di “chi ha maggiormente spinto sull’acceleratore del progresso” e di
“chi si è parzialmente opposto alla diffusione del male”, pervenendo alla
rivalutazione di movimenti, correnti di pensiero e autori che hanno messo in
guardia, purtroppo con scarso successo, l’umanità dai pericoli insiti nel
pensiero razionale e nelle sue conseguenze.
Come si può vedere
da questa breve esposizione dei temi trattati ne “Il Cancro del Pianeta Consapevole”, la teoria enunciata nel 2017 nel mio
primo libro, alla quale ho poi dato il nome di “Cancrismo”, si arricchisce ora di
un nuovo capitolo dedicato alla consapevolezza che dobbiamo assumere della
nostra natura di cellule tumorali del pianeta Terra.
La bruttezza di
questo ruolo è ben rappresentata dall’immagine prescelta per la copertina del
libro: un busto dalle braccia protese, completamente ricoperto da bubboni ed
ispide escrescenze. La scultura, titolata “Mare Nero”, è opera di Mario
Giammarinaro, artista specializzato nel riprodurre i disastri ambientali
provocati dall’uomo.
E per quanto
riguarda il “da farsi”, il come reagire ad una situazione tanto drammatica?
Molti me lo hanno chiesto, ritenendo che ogni teoria debba prevedere una parte “salvifica”
e non possa concludersi senza speranza, esattamente come la vittoria dei “buoni”
è un must di ogni pellicola
cinematografica.
Purtroppo la
vita non è un film.
In un altro mio libro, "L'Impero del Cancro del Pianeta", la speranza appare ancor più remota. L’argomento è infatti la complessità dell’organizzazione
sociale che abbiamo creato e l’ineluttabilità del suo continuo progresso sino
alla crisi finale.
Cionondimeno, anche
se il vicolo cieco in cui l’evoluzione ci ha sospinto è privo di via di uscita,
non possiamo esimerci dal guardare in faccia la realtà e dal riconoscerci come
cellule maligne distruttrici di ogni altro organismo dotato di vita.
Ognuno poi,
alla luce di tale constatazione, potrà cercare vie di sopravvivenza individuali
che soddisfino le proprie aspettative.
Ma questo è un altro
discorso, non più di carattere collettivo bensì relativo alla sopravvivenza più
o meno felice di ogni singolo essere umano.
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