venerdì 26 febbraio 2021

Massimo D'Arcangelo e Stefano Caranti: Ecopoesie

 


Il Cancrismo attribuisce grande valore all'arte, in quanto attività umana meno soggetta al controllo della ragione. In proposito si veda la sezione Arte e Cancrismo nel sito de Il Cancro del Pianeta.

Tra gli artisti, e in particolare i poeti, in sintonia con la visione del mondo cancrista, Massimo D'Arcangelo e Stefano Caranti si distinguono come Ecopoeti.

Massimo D'Arcangelo (1982) ha pubblicato “Intatto. Intact. Ecopoesia. Ecopoetry” (La Vita Felice, 2017), un libro di ecopoesia bilingue italiano-inglese scritto in contrappunto con Anne Elvey e Helen Moore, una collaborazione internazionale che mette in luce le prospettive ambientali di luoghi geografici distanti tra loro (Italia, Regno Unito, Australia) legati dalle medesime preoccupazioni ecologiche.  Ha stabilito un rapporto speciale con il pittore Mario Giammarinaro, le cui Maree nere continuano a costituire importante motivo di ispirazione poetica

Stefano Caranti (1965), poeta e videomaker, nel 2008 ha presentato la sua prima opera “Cercatori d’albe, ombre e luce” e dieci anni dopo ha realizzato la silloge "I custodi dell'aurora" (Doge Edizioni, 2018), una raccolta di poesie e videopoesie contro le azioni e gli attacchi del male in un mondo distorto e rovesciato. Nell'edizione cartacea i contenuti multimediali sono fruibili attraverso l'uso di qr-code. Alcune sue Videopoesie d’autore sono state selezionate e presentate alla mostra d’arte moderna e contemporanea. Dal 2019 è segretario per l’Italia del movimento artistico-poetico "Poetas del Mundo". 

Mare Nero, di Massimo D'Arcangelo


Non è la notte a rendere questo mare nero.
La morte ha allungato la falce prepotente
ha dettato la legge dell'umana incoscienza

strappato alle onde le ali del pellicano 
che a mano a mano affondano come affonda 
questo mostro d'acciaio che sanguina petrolio.

Un grido soffocato di madre emerge dall'acqua,
porge alle reti dei pescatori
un sudario di creature irriconoscibili.

Le branchie serrate, le squame bruciate
le pance gonfie, le pupille bianche
in fila fra le pieghe della battigia.

Il lato oscuro del progresso torna costante.

Un mondo plastico, di Stefano Caranti



Ho sentito la rabbia
risalire in silenzio
senza preavviso,
senza chiedere permesso,
entrare nei miei pugni
chiusi che stringevo
guardando il mare,
ed imploravo
il cielo
di fermare
la morte di una foca
agonizzante,
una balena spiaggiata,
la lenta agonia
di un cormorano,
follie dell’uomo
senza rispetto in mano.

Avrei voluto
parlare di un concetto,
quello della vita
al mondo intero,
sordo, distaccato,
solo un verdetto c'è
di un plastico sapore
davanti a grida cupe
di povere creature
che chiedono
l'aiuto e comprensione.

E' il mare urlava,
urlava di dolore,
soffriva unito in coro
all'unisono di un'arpa,
richiamava l'attenzione
verso un piccolo gabbiano
che osservava curioso
il nuovo mondo
e ci guardava
ma ancora non sapeva.

Non sapeva
di isole di plastica
nei mari,
non capiva
la parola indifferenza,
forse intuiva,
percezioni di un mondo
assai malvagio,
ma anche gratitudine
di persone buone e care.

E così forte sei cresciuto
piccolo gabbiano,
nutrito dall'amore di chi
ha avuto in mano quel tuo cuore
ed ora puoi volare
libero, lontano
librandoti sull'acqua
dove ogni goccia stilla,
degna di rispetto
schiuma e schiude,
a volte lacrima,
per quel valore
che chiamiamo libertà.

E tutto il mare e l'onde
ora cantava.

2 commenti:

  1. Come se fosse zafferano
    che va colto nel momento
    non ingiunto da un contratto
    ma da sguardo e da una presa
    di appropriate e caute dita
    come se fosse un acquarello
    che rivaleggia con la grazia
    del fotogramma in bianconero
    unico superstite d'incendio
    e in cornice vorrebbero posare
    come se fosse irideo colibrì
    che librandosi indietreggia
    per puntare al nettare nascosto
    come quando in bicicletta
    guardi i centimetri di mappa
    e prodigio infine ti diventa
    che li hai in miglia pedalati
    come se questo chiuso luogo
    fosse incompleto esempio
    di più immensi altri mondi
    visitabili sì con sonde e razzi
    ma prima con immaginazione
    così sarebbe meglio vivere
    scegliendo via via tra bivi
    diretti a ciechi vicoli o veri
    orizzonti da brume custoditi
    riusciremo o ci arrenderemo
    tentando di restare in pace
    su questa Terra costipata
    da prodotti di malata fantasia
    come faremo resta pari enigma
    perché poco tempo resta
    e molta inerzia invece amiamo.

    Un saluto, Marco Sclarandis

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