(fonte: Il Fatto Quotidiano.it)
Ha fatto
notizia la presa di posizione del CAI (ma viene da chiedersi: le altre associazioni
ambientaliste dove sono?!?) in merito ad una proposta che sarebbe stata
avanzata da Coldiretti, Enel, Eni e Cassa Depositi e Prestiti che proporrebbero
al Governo di investire 1,8 miliardi di euro del Piano nazionale di resilienza,
regimentando le acque di montagna e raccogliendole in 1000 (mille, avete letto
bene) laghi artificiali.
Oramai siamo appieno dentro al teatro dell’assurdo. Questa volta i teatranti sono i più svariati, dai contadini targati diccì, all’Enel Green, dall’Eni alla Cassa Depositi e Prestiti che con i nostri soldi finanzia le grandi opere.
Lasciando
perdere perché proprio mille (ma siamo dentro la società dello spettacolo,
quella del milione di posti di lavoro di Berlusconi), veniamo alle sacrosante
osservazioni del Cai: “Se il governo accettasse questa proposta sarebbe un colpo
alla permanenza dell’uomo in montagna. Infatti, tanto ambiente sarebbe
sacrificato a beneficio di pochi noti, senza ricadute in favore di chi abita in
montagna, né di chi la frequenta. Devastazione di suolo, altro che resilienza!”.
Perfetta analisi, cui possono aggiungersi altre considerazioni.
Le dighe in montagna sono da sempre una colonizzazione delle terre alte da parte dell’industria della pianura (anche l’allevamento è un’industria, quella zootecnica). Tanti anni fa feci un reportage per la rivista ALP sulle dighe che furono realizzate nella prima metà del Novecento in montagna, in particolare sull’arco alpino occidentale. Interi paesi sommersi per produrre energia, per la Fiat, per la Michelin, per enne altre industrie che oramai non esistono più.
Persino cimiteri sommersi dall’acqua senza portare via i cadaveri. Sembra
fantascienza, e invece è realtà. Poi, dopo tanti anni, si è passati nei corsi
d’acqua dalle grandi dighe ai piccoli invasi e infine al piccolo idroelettrico
ad acqua fluente. Dove dovresti rilasciare il deflusso minimo vitale per
consentire alla biocenosi di esistere. Eppure, nessuno controlla e i corsi
d’acqua di montagna te li ritrovi secchi, morti. Una prece.
Adesso,
l’ideona: di nuovo invasi e dighe. Per cosa poi? Perché piove sempre meno e
bisogna avere le riserve d’acqua. Per cosa poi? Per i campi di granturco che
vanno ad alimentare le mucche che vivono una vita bestiale dentro le fattorie
modello. Per cosa poi? Per alimentare di carne gli umani. Un circuito vizioso
con un enorme dispendio energetico e alti costi per il sistema sanitario
nazionale.
Per cosa poi?
Per dissetare gli umani. Peccato che la nostra rete acquedottistica perda il 41,4% dell’acqua immessa nelletubature e peccato che siamo il paese in Europa che consuma più acqua per
abitante: ben 156 mc all’anno!
Per cosa poi? Per produrre altra energia, che si assomma a quella da combustibili fossili, senza che in Italia ci sia uno straccio di politica di risparmio dell’energia, se si eccettuano i cappotti e le pompe di calore (per chi è così fortunato da avere la villetta).
Per cosa poi? Per alimentare il mostro del Pil. Qualcuno mi spieghi: dove si fermerà questo benedetto Pil quando ricomincerà a correre come tutti auspicano?
Perché a tutto c’è un limite. Alle nostre vite, ai nostri
beni. All’energia. In un paese poi con sempre meno settore secondario dove
serve tutta questa energia? Mille nuovi invasi e dighe. Ridere o piangere?
Vediamo cosa dice Cingolani: lo aspettiamo alla finestra.
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