(fonte: Volere la luna)
Il 5 dicembre c’è stata la Giornata Internazionale del Suolo. Non dico che «si è celebrata la Giornata Internazionale del Suolo», perché nessun rappresentante istituzionale ne ha parlato. Sono assolutamente d’accordo che le celebrazioni servono a poco se quel giorno parli di una certa cosa e il giorno dopo te ne dimentichi. Ma addirittura neppure citare la nostra amata (da pochi evidentemente…) Terra fa proprio cascare un sacco di cose.
Non ne ha
parlato Mattarella, che pure si ricorda di volontari, portatori di handicap,
donne brutalizzate, partigiani, immigrati e quant’altro. Eppure, glielo avranno
pur ricordato i suoi collaboratori. Non ne ha parlato Conte, perché troppo
impegnato sul fronte dei miliardi da utilizzare per far ripartire la stessa
identica economia di prima. Non ne ha parlato il M5S che (ops!) si è
dimenticato di avere una stella che si chiama “ambiente”.
Insomma,
la giornata è passata sotto silenzio. Del resto, il disegno di legge a firma
della senatrice Nugnes relativo allo stop al consumo di suolo elaborato dal
coordinamento nazionale “Salviamo il paesaggio” giace su qualche scaffale del
Senato in attesa di essere discusso chissà quando. E sono certo che se e quando
lo sarà, verrà stravolto.
In
questi giorni ho partecipato a una trasmissione televisiva relativa alla
filosofia del postumano, che sostanzialmente consiste nell’abbandono della
nostra visione antropocentrica. Francamente mi veniva da sorridere: come si può
pensare di poter abbandonare la nostra visione antropocentrica quando non ci
accorgiamo neppure dell’importanza del suolo o dell’aria o dell’acqua? E
vorremmo che venissero riconosciuti i diritti degli animali o addirittura delle
piante? O i diritti delle rocce, come sosteneva Aldo Leopold? Ma non
scherziamo, suvvia.
Viviamo come se la natura non esistesse, in un completo stato di dissociazione da essa e in più, come se non bastasse l’antropocentrismo, ogni giorno esercitiamo sopraffazione sui nostri simili, dimostrando di non possedere neppure un istinto di sopravvivenza che invece gli altri animali possiedono. Un giorno partecipai a un convegno in cui interveniva Stefano Mancuso. Nel prendere la parola disse più o meno: «Che differenza c’è fra l’uomo e la mucca? La mucca se ne sta lì tranquilla nel pascolo, ruminando e mai le verrebbe in mente di suicidarsi. L’uomo invece ogni giorno crea le condizioni per estinguersi». E forse è meglio così.
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