mercoledì 2 marzo 2022

La situazione precipita, di Max Strata

 (fonte: Maxstrataweb.com)


Allarmismo? Può darsi. Specialmente per chi non ha confidenza con la ricerca scientifica al massimo livello internazionale.

Per chi invece vuole approfondire e capire che cosa sta accadendo, consiglio la lettura di due significativi articoli pubblicati sulle prestigiose riviste Nature Geoscience e Proceedings of the National Academy of Sciences, in cui si affronta il tema del rallentamento della corrente del Golfo.

Sì, proprio quella che partendo dal Golfo del Messico porta acqua calda verso le coste dell'Europa centro-settentrionale e rimanda a sud acque profonde, fresche e a bassa salinità, mitigando il clima di regioni che altrimenti sarebbero molto più fredde o addirittura gelide.

Le indagini condotte da due diversi gruppi di ricercatori indipendenti hanno dimostrato che la corrente sta rallentando il suo movimento e che, negli ultimi settant'anni, la sua intensità è diminuita del 15%.

Il flusso del "Gulf Stream System" muove qualcosa come 20 milioni di metri cubi di acqua al secondo, quasi cento volte la portata del Rio delle Amazzoni ed è noto che "il nastro trasportatore" azionato da questa gigantesca massa d'acqua, agisce in modo significativo sul sistema climatico globale e che il suo progressivo indebolimento inciderà pesantemente sulla ridistribuzione del calore, nella posizione delle piogge e quindi sull'aridità di vaste zone del pianeta.

Neppure a dirlo, anche in questo caso, la responsabilità è dell'aumento dei gas serra e del conseguente riscaldamento che provoca lo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia, dove grandi volumi di acqua dolce fredda entrano in mare e modificano il meccanismo naturale di affondamento della corrente riducendo il gradiente di temperatura tra i tropici e il polo.

La variazione nella corrente colpisce inoltre il trasporto dei nutrienti, alterando la produttività dell'oceano. Proseguendo di questo passo, nei prossimi decenni è previsto un rallentamento del 45% che avrebbe importanti effetti climatici nel centro e nel nord Europa, con una consistente diminuzione delle temperature medie e dunque con inverni molto lunghi e problematici, fino a condizioni quasi polari se il flusso della corrente dovesse interrompersi.

Anche l'Italia e l'area mediterranea verrebbero colpiti seppure in misura minore. Sulla costa orientale del nord America l'effetto più importante sarebbe l'innalzamento del livello del mare che sommergerebbe le città costiere.

Più freddo in alcune zone, molto più caldo in altre, in un trend di crescita delle temperature che a fine secolo potrebbe addirittura raggiungere più 6°come media planetaria dentro un caos climatico che conduce la Terra verso una condizione assolutamente instabile e che promette di farla diventare in gran parte inospitale e inabitabile.

Se fossimo una specie davvero intelligente saremmo spaventati da questa prospettiva e ci saremmo già mossi per tempo riducendo drasticamente le emissioni climalteranti, impedendo nuova cementificazione, eliminando l'allevamento industriale, vietando il taglio delle foreste primarie e piantando miliardi di nuovi alberi per immagazzinare la CO2 in eccesso. Avremmo cambiato le nostre aspettative e un'economia dissoluta.

Ma evidentemente non lo siamo. Dopo decenni di discussioni e impegni sulla carta, tranne qualche rara eccezione, tutti i Paesi e tra questi tutti quelli più importanti, non hanno fatto un solo passo concreto per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati in sede internazionale.

Difficile pensare che ciò possa avvenire con la politica che continua ad essere ostaggio di interessi privati, zeppa di personaggi che vivono alla giornata e che non sanno neppure di che cosa stiamo parlando. Improbabile, a questo punto, che la nostra coscienza possa spingerci ad affrontare seriamente e in prima persona un tema così drammatico e così tanto sottovalutato, il tema per eccellenza che per essere affrontato richiede non solo un bagno di umiltà ma una quantità di azioni radicali e immediate.

Il riscaldamento globale antropogenetico è molto più rapido di quello naturale e riguarda un pianeta densamente abitato, pieno di città e di infrastrutture: sempre più vulnerabile.

Una volta messo in moto il processo, un meccanismo inerziale (la chimica della CO2 in atmosfera) impedisce che si possa tornare alle condizioni originarie in breve tempo. Il processo diventa distruttivo se invece che diminuire la sua concentrazione aumenta, ed è quello che sta avvenendo.

La realtà è questa: viaggiamo a tutta velocità in direzione di un muro, su un auto a cui abbiamo tolto i freni. L'unica cosa sensata che possiamo fare e mollare l'acceleratore cambiando le nostre abitudini e la nostra mentalità con una rivoluzione culturale e sociale senza precedenti che può avere successo solo se condivisa e di massa. Sbatteremo comunque ma ad una velocità inferiore.

Al momento però il piede è ancora ben saldo sul pedale.


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