Alcuni autori, non molti,
sostengono che nascere sia un triste evento.
Tra i più espliciti Emil Cioran
e David Benatar.
Il primo nel 1973 ha
scritto “De l’inconveniént d’être né”
(“L’inconveniente di essere nati”).
Il secondo nel 2006 ha scritto “Better Never to Have Been: the Harm of Coming into Existence” (“Meglio non essere mai nati – Il dolore di venire al mondo”).
Emil Cioran ha un suo
caratteristico stile aforistico. Non elabora complessi ragionamenti, ma punge l’interesse
del lettore con aguzze stilettate. “Noi
non corriamo verso la morta, fuggiamo la catastrofe della nascita […]” “Mi piacerebbe essere libero, perdutamente
libero. Libero come un nato morto.” ecc. ecc.
David Benatar è un
filosofo e argomenta ampiamente le sue idee che, in estrema sintesi, ruotano
intorno al concetto di bene e male: se non fossimo nati non avremmo sperimentato
il male, né rimpiangeremmo di non aver sperimentato il bene, in quanto il non essere
non esiste e quindi non possiede né pensiero né autocoscienza.
Pochi altri pensatori,
fortemente misantropi e pessimisti, hanno sostenuto tesi analoghe.
Perché occuparsi di loro
se, come detto in premessa, rappresentano una sparuta minoranza nel panorama storico
– letterario – filosofico mondiale?
Per due motivi.
Innanzitutto perché non è
detto che la maggioranza abbia ragione e la minoranza torto. La Verità non è
democratica, e neppure la Natura: non chiedono ad alcuno cosa desideri e
procedono entrambe per vie estranee alla logica umana.
In secondo luogo, e questa
è la motivazione più importante, perché Cioran, Benatar e consimili portano
alle estreme conseguenze un tipo di ragionamento che, con una necessaria correzione,
potrebbe essere condiviso da una grande platea, assai più ampia di quella che attualmente
segue questi “antinatalisti estremi”. E la corretta diffusione di questo
messaggio “revisionato” potrebbe essere assai utile al pianeta Terra.
In questo mio articolo
cercherò di individuare il lato debole delle idee descritte e la correzione che
potrebbe renderle ben più condivisibili.
Il punto è l’autocoscienza.
Solo la meditazione del
cervello umano su se medesimo, alias l’autoriflessione, consente a Cioran,
Benatar ecc. di pensare al male passato, a quello presente e a quello futuro,
inducendoli ad argomentare che, se non fossimo mai nati, non lo avremmo
sperimentato in passato e non lo potremmo sperimentare in futuro.
Proviamo ora a considerare
come vivremmo la medesima realtà che stiamo vivendo in assenza del pensiero “auto
– riflettente”, ovvero come la vivono gli animali, anche i più evoluti, che
dalla memorizzazione degli eventi passati non estrapolano pensieri astratti, ma
solo esperienze concrete.
Gli animali, ma anche le
piante, hanno la vita e la sperimentano senza interrogarsi né sulla sua
origine, né sul suo significato, né, soprattutto, sul suo futuro (il dolore e la
morte). Non lo fanno perché non possono, non ne hanno le capacità cerebrali.
Vivono e basta, così come Madre
Natura vuole. Essi si sono evoluti dalle cellule primordiali ed hanno assunto forme
diverse. Hanno conseguito la loro individualità di esseri e di specie relazionando
la propria vita con quella degli altri viventi circonvicini. E nel caos della
foresta, o della prateria o del deserto, hanno stabilito quell’equilibrio che la
selezione naturale e la lotta per la vita hanno consentito loro di raggiungere.
Avrebbero preferito non
essere mai nati? Tentano di limitare le nascite con adeguati accorgimenti? Procurano
l’aborto per evitare che i loro piccoli vengano al mondo?
Non lo pensano e non lo
fanno in quanto ogni loro attività fisica e mentale è guidata solo dall’istinto,
ovvero da quel codice di comportamento che milioni e milioni di anni di
selezione naturale hanno elaborato ed impresso nell'intimo dei loro organi di
comando quali il cervello e il sistema nervoso.
E così è stato per tutti
gli esseri viventi sino all’avvento di Homo
sapiens e del suo encefalo abnormemente evoluto che ha consentito a questa
nuova specie dominante di contravvenire a istinti e leggi di natura, permettendole
di pensare se stessa, di avere autocoscienza di sé.
Se Benatar e consimili
riflettessero su questa realtà (Cioran è morto nel 1995) comprenderebbero come
il male per l’essere umano non è l’essere nato (evento che sfugge al volere di
ogni nascituro), ma l’averne coscienza, l’avere un organo di comando che si
rifiuta di eseguire gli ordini di Madre Natura e che intende trasformare tutta
la biosfera in una realtà artificiale a “misura d’uomo”.
E, a seguire, comprenderebbero
come l’evoluzione della mente di Homo
sapiens sia stata straordinaria rispetto a quella di ogni altro animale, ma
sia ben poca cosa in termini assoluti, ovvero relativamente alla possibilità di
rendere permanenti le modifiche introdotte nella biosfera.
Un ulteriore passo avanti
e comprenderebbero come quel processo evolutivo di tipo straordinario possa
assimilarsi alla mutazione che le cellule sane subiscono quando si trasformano
in cellule maligne aggressive e distruttrici dell’organismo che le ospita.
Cioran in realtà questo
passo lo fece, nel suo famoso aforisma: “Alberi
massacrati. Sorgono case. Facce, facce dappertutto. L’uomo si estende. L’uomo è
il cancro della terra”. Ma non andò al di là dell’intuizione. Non reinterpretò
tutta la realtà alla luce di questa sua folgorante illuminazione (cosa che
molto immodestamente sto cercando di fare io con i miei scritti).
Proviamo allora a pensare
come le opere di Cioran e di Benatar avrebbero potuto essere assai più incisive
se fossero state titolate “L’inconveniente
di essere intelligenti” e “Meglio non
essere autocoscienti”, e anziché recriminare l’essere vivi avessero
recriminato l’essere dotati di autocoscienza.
Anche tutto l’importante
dibattito su natalismo e antinatalismo andrebbe reimpostato in questa ottica, perché
è ovvio che il problema della sovrappopolazione nasce dal nostro essere “intelligenti”,
o, meglio, dall’aver superato quella soglia di capacità cerebrali oltre la
quale abbiamo potuto svincolarci dai limiti imposti dall’istinto.
Potranno queste
accresciute capacità cerebrali consentirci ora di invertire la rotta? E come? A
quale prezzo?
Temi fondamentali, che
richiedono adeguati approfondimenti. Ma ogni analisi più dettagliata dovrà
prendere avvio dalla consapevolezza che tutti i problemi attuali discendono da
quell’abnorme sviluppo subìto dal nostro cervello, evento parafrasato in tanti
miti dell’antichità, dal peccato di Eva ed Adamo ai furti di Prometeo, solo per
citarne due tra i più famosi.
Nessun commento:
Posta un commento