giovedì 23 settembre 2021

La difesa della Terra, di Guido Dalla Casa

 


La Terra si trova in situazione grave a causa di un modello di vita umano, la civiltà industriale, nato due secoli fa nella cultura occidentale e che ha invaso tutto il mondo. Anziché “la Terra”, sarebbe più corretto dire “l’Ecosfera” (cioè l’Ecosistema complessivo), ma continueremo a dire “la Terra” perché più rapido e più poetico.

Schematizziamo la situazione suddividendola nei seguenti problemi, legati fra loro in un'unica “malattia di sistema”, oppure “patologia dell’Organismo”:

-  La spaventosa sovrappopolazione umana (7.3 miliardi) e la sua crescita continua (attualmente 80-90 milioni di individui all’anno);

- La distruzione delle foreste e degli altri ecosistemi (barriere coralline, paludi, savane, ecosistemi fluviali e costieri, e così via). Come esempio, vengono abbattuti 100.000 Kmq/anno di foreste: metà delle foreste in tutto il mondo sono già state distrutte;

-  L’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera, che prosegue inesorabilmente. Siamo passati da 280 a oltre 400 ppm in pochi decenni e il fenomeno prosegue senza soste. Il valore preindustriale oscillava attorno a 280 ppm da almeno un milione di anni (come si è rilevato dalle bolle d’aria racchiuse nei ghiacci dell’Antartide e della Groenlandia) e probabilmente da tempi molto più lunghi. Come noto, questo fatto comporta variazioni climatiche rapide, innalzamento del livello dei mari e fenomeni meteorologici estremi;

-  Il velocissimo declino della biovarietà, su cui sono basate le capacità omeostatiche della Terra, cioè le capacità di autocorreggere le deviazioni non troppo grandi. Si estinguono molte migliaia di specie all’anno;

- Lo spaventoso consumo di territorio in atto in tutto il mondo. Ovunque si sostituisce materia inerte (città, strade, macchine, impianti) a sostanza vivente (praterie, savane, foreste, paludi);

-  Le quantità di rifiuti che si trovano ovunque sulla Terra. Come esempio, un’”isola” di plastica grande molto più della Francia galleggia nel Pacifico.

Qualunque studio su questi problemi e i legami che li collegano va condotto con metodo sistemico-olistico, cioè considerando tutti i fattori, le relazioni e le retroazioni che influenzano l’andamento del complesso.

La Terra è un Organismo

La Terra è un Organismo, di cui facciamo parte come un tipo di cellule. Trattandosi di un sistema a complessità molto elevata, si manifestano fenomeni mentali. Secondo la teoria di Gaia (di James Lovelock e Lynn Margulis), possiamo considerare l’Ecosfera come una grande Mente, che non significa necessariamente una coscienza. Potrebbe essere un Grande Inconscio, o avere un tipo di coscienza molto diverso da quello cui siamo abituati. Ma non importa seguire una teoria di questo tipo: le considerazioni che seguono valgono anche se pensiamo che l’Ecosfera sia soltanto un Sistema Complesso. Infatti in ogni caso la Terra si comporta come un Organismo in grado di autoriparare le modifiche abbastanza piccole, o comunque che procedono con sufficiente lentezza, cioè con tempi paragonabili a quelli delle variazioni sue proprie (omeostasi).

Come esempio, l’organismo umano è in grado di mantenersi entro una fascia di temperature interne fra i 36 e i 37 gradi, autocorreggendo le variazioni per riportarsi entro questo intervallo, ma se si verifica un evento molto drastico (ad esempio, che porti la temperatura a 50 °C) l’Organismo non ce la fa e muore. L’Ecosfera, o la Terra, tenderà a riportarsi ai suoi tempi, che in genere sono mediamente più lunghi di 10.000 volte rispetto a quelli della civiltà industriale. Se si trova al di fuori della variabilità “accettabile”, ricorrerà ad un intervento drastico per liberarsi dal suo male.

La Terra ha 4-5 miliardi di anni. La Vita ha tre miliardi di anni, l’umanità ha tre milioni di anni (se assumiamo, come data convenzionale di inizio, l’esistenza della nostra antenata Lucy), la cultura occidentale giudaico-cristiana ha duemila anni, la civiltà industriale ha duecento anni. Meditiamo su questi tempi e sul loro significato: troviamo spesso un rapporto 1:1000 ad ogni passaggio.

La malattia della Terra

Ecco un esempio molto piccolo di malattia (o malfunzionamento) di un ecosistema di qualche valle nordica:

“I lemmings sono piccoli roditori del Nord-Europa e dell’Asia simili ai nostri topi campagnoli. In determinati periodi essi abbandonano le Alpi della Scandinavia in gruppi numerosi, come guidati da un misterioso suonatore di flauto, e si dirigono verso il Mare del Nord o il Golfo di Botnia. Lungo questo tragitto, che è il loro senso della storia, essi subiscono gli attacchi dei carnivori o degli uccelli predatori che li distruggono a migliaia. Malgrado tutto, essi proseguono la loro strada e, raggiunta la meta, si gettano nel mare e vi annegano.
Che cosa potrebbero dire i lemmings se potessero scrivere la storia di una delle loro migrazioni? “Siamo in marcia verso un felice domani, la nostra nazione fortemente strutturata cresce di ora in ora, e nonostante vari attacchi, progrediamo nella stessa direzione, conservando la nostra organizzazione che, sola, permette all’individuo di marciare verso quel progresso che intravediamo già, tutto azzurro, ai piedi delle montagne”.
La storia ha un senso per i lemmings e per la civiltà occidentale: essa sfocia in un suicidio collettivo, prima della “planetizzazione” di una specie (o di una cultura – l’aggiunta è mia). Ogni individuo vede però in questo slancio ultimo una marcia verso una situazione migliore. Più i lemmings si allontanano dal punto di partenza, dicono i naturalisti, più sono eccitati; nulla li può fermare; davanti a un ostacolo sibilano e digrignano i denti per la collera.”

(da: Jean Servier - “L’uomo e l’Invisibile”, Ed. Rusconi, 1973) 

Ma i lemmings sono ancora là, sulle montagne, in testa alla valle, in numero accettabile. Infatti gli ultimi della corsa, oltre a quelli che restano al margine della migrazione e vanno più lentamente di quelli “centrali”, si salvano accorgendosi in tempo di dove vanno a finire i primi. I lemmings che tornano vivi sulle montagne sono gli ultimi della corsa, quelli che restano al margine della migrazione suicida, quelli che “non ci credono troppo”. L’ecosistema di quella valle ha reagito con la migrazione suicida, ed è guarito dal suo male.

Torniamo all’Ecosfera, alla Terra nel suo complesso. E’ evidente che la civiltà industriale sempre-crescente è una grave malattia, assimilabile al cancro, dove le cellule malate vogliono sostituire le altre e avanzano con legge esponenziale.

La civiltà industriale, nata circa due secoli fa ma che ha manifestato la sua natura distruttiva da meno di un secolo (dato il suo andaento di crescita esponenziale), sta per finire perché è incompatibile con il funzionamento del sistema più grande di cui fa parte (o con la vita della Terra). Ricordo che stiamo parlando di una particolare cultura umana, anche se ha ormai invaso tutto il mondo, non di tutta l’umanità. Questa cultura ha come caratteristiche l’incremento indefinito dei beni materiali e il primato dell’economico su qualunque altro aspetto della vita.

Nel Manifesto per la Terra di Mosquin e Rowe si legge:

“L’esperimento dell’umanità, vecchio di diecimila anni, di adottare un modo di vita a spese della Natura e che ha il suo culmine nella globalizzazione economica, è fallito. La ragione prima di questo fallimento è che abbiamo messo l’importanza della nostra specie al di sopra di tutto il resto. Abbiamo erroneamente considerato la Terra, i suoi ecosistemi e la miriade delle sue parti organiche/inorganiche soltanto come nostre risorse, che hanno valore solo quando servono i nostri bisogni e i nostri desideri. È urgente un coraggioso cambiamento di attitudini e attività. Ci sono legioni di diagnosi e prescrizioni per rimettere in salute il rapporto fra l’umanità e la Terra, e qui noi vogliamo enfatizzare quella, forse visionaria, che sembra essenziale per il successo di tutte le altre. Una nuova visione del mondo basata sull’Ecosfera planetaria ci indica la via.” (Anno 2004)

Tentativi di difesa

La Terra sta tentando di arginare il male con le sue capacità omeostatiche (autocorrettive): come esempi, l’aumento dell’omosessualità, delle depressioni e dei suicidi, oltre che le reazioni climatiche e gli eventi estremi, sono tentativi per arginare la crescita abnorme degli umani. L’aumento dell’omosessualità è stato riscontrato anche fra i topi quando sono troppo fitti.

Alcuni esperti mi hanno assicurato che, facendo i calcoli con le immense quantità di anidride carbonica emesse per l’energia, le industrie e i trasporti, oltre che con gli effetti delle deforestazioni, le percentuali di CO2 nell’atmosfera dovrebbero essere ancora maggiori di quelle riscontrate: si deve essere attivato qualche “pozzo” ancora ignoto che assorbe CO2. E’ un disperato tentativo della Terra di autocorreggere la sua composizione atmosferica e mantenere l’effetto serra nei suoi valori stazionari (con 280 ppm di CO2). Ma oggi siamo ben al di fuori della fascia di capacità omeostatica dell’Ecosfera, che è come un organismo con una febbre molto al di sopra delle sue possibilità di ricupero. Come accennato, la velocità delle variazioni dovute alla civiltà industriale è dell’ordine di 10.000 volte quella massima tollerabile dai cicli naturali.

Infatti le modifiche che avvengono naturalmente nella vita del Pianeta hanno una velocità di variazione tale da consentire i necessari adattamenti dei viventi e dei rapporti fra elementi organici/inorganici, in modo che le estinzioni hanno un ritmo molto basso, inferiore a quello della nascita di nuove specie, con l’eccezione dei grandi cambiamenti in quei periodi che abbiamo battezzato come “cambio di era geologica” (secondo la cronologia accettata,  si sono verificati cinque volte in un miliardo di anni). Tuttavia, anche in quei periodi di transizione, si tratta spesso di tempi dell’ordine del milione di anni.

C’è da chiedersi perché non si è verificata la seguente reazione della Terra, che avrebbe dato una “regolata” alla nostra specie:

Per 40 anni siamo stati sull’orlo di un evento piuttosto grave: Il carico di missili e testate nucleari di un solo sommergibile era in grado di far fuori quasi un intero continente, il Dottor Stranamore non era soltanto un film, la crisi di Cuba aveva portato a poche ore dall’Apocalisse. Anche un uomo solo poteva far scattare tutto in pochi minuti, e 40 anni sono un tempo lungo per questo genere di eventi.

Ma il disastro nucleare non poteva succedere, perché la Terra si sarebbe ridotta in pochi giorni a quella che era stata chiamata (nel libro di Jonathan Schell Il destino della Terra, uscito in quegli anni) ”una repubblica di insetti e di erbe”: avrebbe impiegato decine di milioni di anni per riprendersi. Il Pianeta non poteva ridursi così.  Ora invece, una (diversa) forma di collasso è non soltanto possibile, ma necessaria per salvare il Complesso dei Viventi, in gravissimo pericolo: questa civiltà ha ormai invaso il pianeta e il numero di umani ha largamente superato ogni valore tollerabile.  Come esempio limitato ad un continente: né l’AIDS, né ebola, né la fame e le guerre hanno minimamente scalfito l’aumento esponenziale della popolazione africana, che ha largamente superato il miliardo e raddoppia ogni trent’anni.

Conclusioni

Che alternativa ha la Terra per riportarsi, nel tempo, alle sue normali modalità di vita? Quella di estirpare il male con un intervento “chirurgico”, cioè con un punto di discontinuità, o di collasso. Infatti il male è decisamente troppo avanzato: forse negli anni Settanta del secolo scorso, quando il numero di umani era circa la metà di quello attuale e la devastazione molto minore, si era ancora in tempo ad invertire la rotta senza traumi troppo grossi. Quella era l’Ultima Chiamata. Nessuno ha risposto.

Ora forse c’è già qualche segno di innesco del prossimo collasso: fanatismi, suicidi “religiosi”, migrazioni di massa, malattie psichiche.

Dopo, bisognerà gestire il transitorio verso modelli completamente nuovi.

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