(fonte: Rassegna Stampa di Arianna Editrice)
Oggi sappiamo che il
nostro rapporto con la Natura è quello di un tipo di cellule con l’Organismo
cui appartengono: siamo parte integrante di un Organismo più grande, che
possiamo chiamare l’Ecosistema, o l’Ecosfera, o più semplicemente, la Terra.
La Terra è un sistema complesso, che vive alimentandosi con l’energia solare e mantenendosi in situazione stazionaria, almeno se si considerano tempi di ordine inferiore a qualche milione di anni.
L’Ecosistema
complessivo è costituito di venti-trenta milioni di specie di esseri senzienti,
oltre agli esseri collettivi, ai Complessi di viventi e a tutte le relazioni
che li legano fra loro e che li connettono al mondo inorganico.
Sappiamo anche che
nei sistemi complessi si manifestano fenomeni mentali che rendono completamente
imprevedibile l’evoluzione del sistema. Anche se le schematizzazioni sono
sempre riduttive, possiamo dividere il pensiero scientifico-filosofico attuale
su questi temi nelle seguenti correnti:
- Una corrente
“spiritualista”, in cui il sistema complesso “Terra” o “Ecosfera” è considerato
anche mentale (teoria di Gaia);
- Una corrente
“materialista”, in cui l’Ecosfera è considerata semplicemente un sistema
complesso che si evolve prendendo “a caso” la via successiva ad ogni
biforcazione-instabilità.
In entrambi i casi
comunque si riconosce la necessità di ragionare in termini sintetici-olistici e
non considerare i singoli processi come isolabili e trattabili con una modalità
lineare di causa-effetto. Ci sono sempre moltissime retroazioni intercollegate
fra loro: il grado di complessità è elevatissimo.
È importante notare
che quanto diremo in seguito è valido in entrambe le correnti di pensiero sopra
citate: le uniche differenze sono formali o di linguaggio, come ad esempio dire
“la Terra vive in questo modo” oppure “la Terra funziona in questo modo”.
Poiché personalmente penso che l’Ecosfera sia un essere senziente, userò spesso
il primo linguaggio, ma, ripeto, i ragionamenti che seguono restano pienamente
validi in entrambi i casi.
L’Ecosfera vive
mantenendosi in situazione stazionaria lontana dall’equilibrio termodinamico,
alimentata dall’energia solare. Tutti i processi al suo interno sono cicli
chiusi che non danno quindi luogo a “consumo di risorse” né ad “accumulo di
rifiuti”. Non esiste alcuna “crescita permanente” di qualche grandezza.
Da circa due secoli,
cioè da quando Lamarck ha teorizzato per la prima volta nei termini della
scienza occidentale l’evoluzione biologica, sappiamo che la specie umana fa
parte integrale del mondo naturale, cioè dell’Organismo Ecosfera, è anzi una
specie facilmente classificabile (Classe Mammiferi – Ordine Primati): quindi
non può non seguire le leggi di “funzionamento” dell’Ecosfera stessa, o meglio
le sue necessità vitali.
La civiltà industriale
Due o tre secoli
orsono, in una delle cinquemila culture umane presenti sul Pianeta
(l’Occidente), si è sviluppato un modo di vivere distruttivo per la Terra: un
modo di vivere che insegue l’incremento indefinito dei beni materiali e
l’abolizione del lavoro fisico, considerati come “desiderabili da tutta
l’umanità” e imposti anche agli altri modelli. Così è iniziato quel processo
che oggi viene chiamato “la crescita economica” e che viene perseguito
accanitamente dalle Autorità governative e da moltissime istituzioni di tutto
il mondo.
La crescita
demografica-economica procede normalmente secondo una legge matematica
esponenziale, quindi è perfettamente logico che le sue manifestazioni si siano
evidenziate veramente solo in tempi recenti, più o meno a partire dalla metà
del secolo ventesimo. Questa è la vera crisi. Tutte le altre “crisi” sono
conseguenze di questa, o dettagli. I problemi dell’energia, dell’esaurimento
delle risorse, dell’accumulo dei rifiuti, delle variazioni climatiche e così
via discendono da questa crisi generale.
Non si tratta di un
problema economico, ma di un problema filosofico molto più grande, conseguenza
anche dell’errore biblico, l’errore antropocentrico.
La crisi non è
economica
Il risultato di
trattare la crisi attuale come una crisi economica è quello di tirare avanti
qualche anno in più (o qualche mese) aggravando però la situazione generale.
Il dogma di dovere ad
ogni costo produrre-vendere-consumare sempre di più è considerato
indiscutibile: ma si tratta di un pericoloso processo che distrugge il
territorio, divora lo spazio vitale della Terra e danneggia la sua creatività.
Trattarlo poi come un problema solo italiano, è assai fuorviante: i problemi
dei singoli Stati sono dettagli della crisi generale, anche se ogni area ha
alcune particolarità sue proprie.
Nella situazione
attuale, pensare a voler aumentare i consumi è una vera follia.
Secondo i principi
dell’ecopsicologia, anche la crisi morale-sociale-psichica, ormai presente in
tutto il mondo tranne che in piccole aree “non-occidentalizzate”, rientra come
conseguenza nella crisi globale dell’Ecosistema.
I guasti gravissimi
di questa crisi, che dura da più di un secolo, sono:
- Spaventosa
sovrappopolazione umana e crescita continua;
- Perdita della
biodiversità;
- Distruzione delle
foreste e di altri ecosistemi (paludi, savane, ecosistemi acquatici, Oceani,
ecc.);
- Alterazione
dell’atmosfera terrestre;
- Enorme consumo di
territorio in tutto il mondo (passaggio da terreno naturale a terreno urbano,
strade, costruzioni, impianti).
Dal punto di vista
demografico, oggi siamo arrivati nel mondo a sette miliardi di umani, numero
assolutamente intollerabile per l’Ecosistema terrestre. Inoltre scompaiono
20-30 specie di viventi ogni giorno, ad un ritmo diecimila volte più grande di
quello naturale. Ogni anno scompaiono 100.000 kmq di foreste, ecosistemi
ricchissimi di biodiversità. L’anidride carbonica nell’atmosfera terrestre
aumenta di 3 ppm all’anno. Il consumo di territorio è elevatissimo e questo è
un problema particolarmente grave in Italia.
Se guardiamo una
cartina del mondo dove sono evidenziate, tramite colorazione o luminosità, le
aree “calde” o di eccesso di temperatura-inquinamento-alterazioni, ci rendiamo
conto che assomiglia molto a una scintigrafia o qualche esame diagnostico simile. Le metastasi sono: gran parte degli
Stati Uniti e della Cina, il Giappone, la Ruhr, la pianura padana e tutte le
aree dove è elevato il “livello di sviluppo economico”. Anche l’India e il
Brasile cominciano a mostrare segnali pericolosi. Altri segni gravissimi si trovano nelle aree
sovrappopolate e nei luoghi dove vengono bruciate le foreste per far luogo a piantagioni
o praterie per alimentare animali destinati a diventare bistecche per gli
umani(!).
Dal punto di vista
dell’Ecosistema globale, e quindi anche del nostro che ne siamo componenti, il
fenomeno va verso un punto di catastrofe e deve interrompersi al più presto: in
altre parole, un collasso del sistema economico è una speranza per la Terra e
per tutte le specie di esseri senzienti che vengono distrutte dalla “crescita
economica”. Probabilmente, malgrado l’evidenza, manca ancora a livello generale
la percezione che l’espansione umana demografica-economica toglie lo spazio
vitale agli altri esseri senzienti. Non solo, ma poiché altera il modo di
vivere (o di funzionare) della Terra disarticolandone i processi essenziali
diverrà ben presto un fenomeno impossibile.
Qualche
avvertimento
Negli ultimi decenni
non sono mancati gli avvertimenti. Solo come esempi:
- Il famoso rapporto
sui “Limiti dello sviluppo” (1971) non è mai stato seriamente smentito, ma
considerato solo nei dibattiti e ignorato nella pratica. Gli aggiornamenti
pubblicati nel 1993 e nel 2006 sono stati completamente ignorati anche dalle
fonti di informazione. In questi aggiornamenti si evidenziava, anche con studi
più raffinati, il notevole peggioramento della situazione generale del Pianeta;
- Nel libro Assalto
al pianeta (Bollati Boringhieri, 2000) dei professori Pignatti e Trezza si
metteva in evidenza l’impossibilità di persistenza del sistema economico,
relativamente semplice e con una sola variabile (il denaro), in un sistema
complesso a molte variabili come l’Ecosistema terrestre;
- Nel Manifesto per
la Terra (2004) di Mosquin e Rowe (studiosi canadesi di biodiversità) sono
chiaramente indicati la situazione del Pianeta e le linee di azione per tentare
una decisa correzione di rotta.
Nessuno se ne è
preoccupato: tutto è continuato come prima. Ecco perché c’è la crisi.
Qualche presa di
coscienza
Per tentare di fare qualcosa per la “grande
crisi” è necessario prendere coscienza che:
- Lo sviluppo
economico è una grave patologia della Terra;
- La situazione
stazionaria è il modo di vivere del Pianeta. Tutti i processi devono essere
ciclici e quindi non comportare il consumo di “risorse” e l’accumulo di
“rifiuti”;
- L’incremento
indefinito dei beni materiali non è un desiderio naturale dell’umanità: ha
portato anche malessere e gravi infelicità;
- Lo sviluppo
economico è un’anomalia nata solo in una cultura umana in un determinato
momento della sua storia.
Poi penseremo a
gestire il periodo transitorio, problema non facile, ma che ci troveremo
davanti comunque.
Stiamo parlando di un
problema culturale-filosofico, non economico: occorre rendersi conto che questo
significa la fine della civiltà industriale, o addirittura della cultura
occidentale, almeno in alcuni dei suoi fondamenti; ma si tratta sempre della
fine di una forma di pensiero, non della fine del mondo. Altro che pensare al
“mercato” e a far “ripartire la crescita”!!
Dall’articolo di
un quotidiano (anno 1993)
Vorrei un capo di
governo o di azienda che facesse precedere da un purtroppo le frasi consuete:
“dobbiamo aumentare la produzione”, “la ripresa è imminente”… Neppure questa
libertà gli è data. Sono costretti anche ad adularlo, il Maligno: se aggiungono
un purtroppo li scaraventa in basso come birilli. Questo non è più avere un
potere, tanto meno corrisponde a qualcuno dei sensi profondi di comando.
L’asservimento all’economia dello sviluppo, senza neppure un accenno di
sgomento, dice l’immiserimento, la perdita di essenza e di centro, della politica.
Se il fine unico è lo sviluppo, la politica è giudicata in base alla sua
bravura (che è pura passività) nello spingerlo avanti a qualsiasi costo.
Non c’è nessuna idea
politica dietro, sopra o sotto: c’è il Dio dell’economia industriale geloso del
suo culto monoteistico.
Un inferno urbano
contemporaneo è fatto di molte cose. Tra le più evidenti, c’è l’eccesso di
circolazione di macchine, auto e moto. Contro smog e paralisi si almanaccano
palliativi di ogni genere, ma soltanto abbattendo la produzione automobilistica
si potrebbe ridare alle città un po' di respiro post-diluviale. Immediatamente
sulle piazze liberate dai grovigli di auto, si adunerebbero a migliaia, e a
migliaia di migliaia, i tamburi di latta della protesta di quelli a cui fosse
stato restituito il respiro: non vogliono la cura, ma la malattia in tutta la
sua spietatezza...Così i chimici che producono veleni per l’agricoltura:
vietarli, anche per amore dei loro stessi figli, ne scatenerebbe la collera. Ma
sarà la collera dei chimici, o dei veleni in loro? Chi dice che non abbiano
un’anima, i veleni che produciamo? ...La sola voce concorde, universale, in
alto e in basso, grida che nessuna industria si fermi o chiuda, qualsiasi cosa
produca, sia pure inutilissima o micidialissima, sia pure destinata a restare
invenduta: la sola voce concorde invoca che si aprano cantieri su cantieri e
che si investano finanze in nuovi progetti industriali: a costo di qualsiasi
inquinamento e imbruttimento, a costo anche di fare accorrere, per l’immediata
ritorsione morale che colpisce chi accolga progetti simili, le furie di una
intensificata violenza. E se deve, sul mare delle voci tutte uguali, planare
una promessa rassicurante, è sempre la stessa: ci sarà la “ripresa”, ne avrete
il triplo di questa roba ...
(Guido Ceronetti, La Stampa, 9 marzo 1993)
A volte mi capita di guardare una roccia o un pezzo di montagna rocciosa, cioè quelle parti del pianeta Terra che comunemente vengono considerate inanimate, e penso che stiamo commettendo un grosso errore. Fa tutto parte di un grande processo, talmente grande e lento se paragonato al nostro breve tempo di vita che noi non possiamo vederlo. Quella roccia in passato era animata. Tutto è vita. Non è vero forse che esaminandone i vari strati vediamo spesso (almeno per quanto riguarda le epoche più vicine a noi) che il suo interno è composto da scheletri fossilizzati e o resti di vegetali pietrificati che non sono ancora spariti del tutto per i nostri occhi? Significa che siamo parte di un processo complessivo, globale. Anche le rocce sono la conseguenza di questo processo vitale. E quindi, chissà quante volte questo processo si è ripetuto prima di quello che stiamo vivendo noi in questo momento e in chissà quanti altri angoli dell'universo. Di questo universo che, probabilmente, esso stesso è una piccola cellula di chissà quale organismo complessivo. E allora io arrivo alla conclusione di bloccare i miei pensieri e mi inchino al grande mistero della vita e alla grande potenza di Dio o, se vogliamo chiamarlo con un altro nome, della Natura.
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