Il funzionamento del
nostro cervello è uno degli argomenti più interessanti tra i molti che il
sapere scientifico ci propone, ma è anche uno dei più misteriosi.
Per cercare di approfondirlo
ho letto vari libri di neuroscienziati e psicologi, da Paul McLean a Michael Gazzaniga,
da Merlin Donald a Julian Jaynes, fino al nostro Guido Brunetti.
Il mio non è stato un percorso né scientifico, né sistematico. Ho dato anche per scontato che se qualcuno avesse veramente compreso come funziona il cervello e lo avesse descritto in un libro, ebbene io non sarei stato in grado di comprenderlo, così come non sono in grado di decifrare i più astrusi problemi di matematica o le più complesse formule chimiche.
Ma sarei stato appagato di
sapere che qualche altro essere umano aveva veramente preso conoscenza di tutti
gli elementi e i passaggi attraverso i quali si formano le idee e di come e perché
ragioniamo, proviamo sentimenti.
Appagato e preoccupato.
Sapere con esattezza come funziona un dispositivo in gergo umano significa essere
in grado di replicarlo. Di qui i motivi di apprensione.
Ma ad oggi queste ansie
non mi turbano perché l’unica cosa che ho veramente compreso da tutti gli
approfondimenti effettuati è che l’essere umano è ben lungi dal sapere come
realmente funziona il suo “organo di comando”.
L’impressione è di essere
davanti ad una pseudo-scienza che deduce le sue conclusioni dai comportamenti e
dagli atteggiamenti esteriori anziché dal funzionamento intrinseco del suo
oggetto di studio.
Spesso, purtroppo, questi
comportamenti esteriori sono anche il frutto di crudeli sofferenze inferte ad
animali cavia, come l’amputazione di una zampa nei ratti di Killackey o l’asportazione
di un occhio nella scimmia di Rakic (cfr. M. Gazzaniga, La Mente della Natura, Milano, Garzanti, 1997, p. 68)
Gli schemi e le figure del
cervello che troviamo anche nei più seri trattati di neuroscienze ricordano da
vicino i disegni tracciati a penna negli antichi trattati di anatomia.
Secoli or sono si
dissezionavano i corpi e si prendeva atto della presenza di tanti organi,
ciascuno preposto ad un compito specifico.
Ma sulle reali modalità di
funzionamento di ciascuno di essi vi era il buio assoluto allora (e solo una fioca
luce oggi).
Data la complessità del
cervello il problema della comprensione del suo funzionamento è ben più arduo
da risolvere.
Le riviste di divulgazione
parlano di una quantità spropositata di elementi all’interno della nostra
scatola cranica: “100 miliardi di cellule
(i neuroni) ognuna delle quali sviluppa in media 10 mila connessioni con le
cellule vicine”, attraverso dendriti e assoni, i dispositivi di input e di
output, al punto che “il numero totale
delle connessioni che i neuroni di un cervello umano riescono a stabilire
supera il numero di tutti i corpi celesti presenti nell’universo”.
Premesso che non si sa chi
conosca l’esatto numero di tutti i corpi celesti e tenuto conto della più che probabile
approssimazione delle cifre esposte, resta il fatto che ci troviamo senz’altro
di fronte ad una realtà che supera le nostre capacità di analisi.
Ecco un altro dei “limiti
dell’intelligenza”, e non il meno importante.
Oltretutto non si tratta
di una semplice questione di numeri. Il dialogo tra “periferia” e “centro” ed
anche quello tra i vari elementi della nostra “direzione centrale” avviene in parte
sotto forma di impulsi elettrici di potenza variabile e in parte come scambio
di elementi chimici dal mutevole dosaggio.
Quanto è più semplice il
funzionamento dei nostri computer, che si basa su un linguaggio binario alimentato
solo da segnali elettrici di potenza costante!
E, inoltre, siamo certi
che il neurone sia effettivamente l’unità di base del sistema? In un mio
precedente articolo ho parlato di
microcosmo e di macrocosmo. Noi possiamo analizzare ciò che i nostri sensi
ci sottopongono. Possiamo andare un poco più in là utilizzando gli strumenti
che la nostra mente ci ha messo a disposizione. Ma nulla di più.
Sono limitati i nostri
sensi, è limitata la nostra mente.
Arriverà il momento in cui
riusciremo a comprendere tutto?
No. No, perché non potremo
mai superare quei limiti fisici impostici dalla natura al momento del nostro
concepimento e della nostra nascita.
È una questione puramente
materiale. È come se una formica volesse sollevare un macigno. Tante formiche
insieme possono spostare un piccolo sasso. Ma nulla di più. E l’universo è infinito.
Dalla notte dei tempi gli
uomini hanno istintivamente raffigurato questa realtà nel dualismo tra la
nostra minuscola natura e l’onnipotenza di un ente chiamato dio.
Ma questo dipinto nel corso
dei secoli si è andato sbiadendo e il cervello umano, affinando pian piano le
sue capacità, si è illuso di arrivare a mete un tempo neppure ipotizzabili.
Non ha tenuto conto che
esso continua a risiedere in un corpo alto 170 centimetri, all’interno di una
scatola cranica capace di ospitare un organo di 1.200 cc e del peso di 1,5 kg.,
misure che possono espandersi veramente di poco!
Tutto questo ragionamento
intende arrivare ad una semplice conclusione: la nostra intelligenza è limitata
e non potrà mai crescere più di tanto, esattamente come il nostro corpo ha dei
limiti fisici che non potremo mai estendere a nostro piacimento.
Il mondo della natura è
immenso. Quel frammento sul quale ci siamo evoluti (il pianeta Terra) ospitava
tante altre entità che avrebbero dovuto essere nostre compagne di viaggio.
Ma, essendo gli “organi di
comando” di queste ultime inferiori ai nostri, le abbiamo asservite o distrutte,
senza tener conto della interdipendenza di tutti gli elementi co-evolutisi in
un medesimo ecosistema. E senza neppur tener conto della limitatezza delle
risorse a nostra disposizione.
Abbiamo cioè creato dei
problemi che ora la nostra mente, a causa della sua limitatezza, non è in grado
di risolvere.
Ecco dove nasce l’importanza
della consapevolezza dei limiti della nostra intelligenza. Se ne prenderemo
coscienza potremo forse fermarci. Saremo in tempo per salvare il fenomeno “vita”
sul pianeta? È impossibile saperlo, ma una cosa è certa: la fiducia sulla
illimitatezza della nostra intelligenza non può che condurci al disastro
finale.
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