lunedì 24 gennaio 2022

Come funziona il nostro cervello? - I trattati sulla mente umana come gli antichi testi medievali di anatomia, di Bruno Sebastiani

 


Il funzionamento del nostro cervello è uno degli argomenti più interessanti tra i molti che il sapere scientifico ci propone, ma è anche uno dei più misteriosi.

Per cercare di approfondirlo ho letto vari libri di neuroscienziati e psicologi, da Paul McLean a Michael Gazzaniga, da Merlin Donald a Julian Jaynes, fino al nostro Guido Brunetti.

Il mio non è stato un percorso né scientifico, né sistematico. Ho dato anche per scontato che se qualcuno avesse veramente compreso come funziona il cervello e lo avesse descritto in un libro, ebbene io non sarei stato in grado di comprenderlo, così come non sono in grado di decifrare i più astrusi problemi di matematica o le più complesse formule chimiche.

Ma sarei stato appagato di sapere che qualche altro essere umano aveva veramente preso conoscenza di tutti gli elementi e i passaggi attraverso i quali si formano le idee e di come e perché ragioniamo, proviamo sentimenti.

Appagato e preoccupato. Sapere con esattezza come funziona un dispositivo in gergo umano significa essere in grado di replicarlo. Di qui i motivi di apprensione.

Ma ad oggi queste ansie non mi turbano perché l’unica cosa che ho veramente compreso da tutti gli approfondimenti effettuati è che l’essere umano è ben lungi dal sapere come realmente funziona il suo “organo di comando”.

L’impressione è di essere davanti ad una pseudo-scienza che deduce le sue conclusioni dai comportamenti e dagli atteggiamenti esteriori anziché dal funzionamento intrinseco del suo oggetto di studio.

Spesso, purtroppo, questi comportamenti esteriori sono anche il frutto di crudeli sofferenze inferte ad animali cavia, come l’amputazione di una zampa nei ratti di Killackey o l’asportazione di un occhio nella scimmia di Rakic (cfr. M. Gazzaniga, La Mente della Natura, Milano, Garzanti, 1997, p. 68)

Gli schemi e le figure del cervello che troviamo anche nei più seri trattati di neuroscienze ricordano da vicino i disegni tracciati a penna negli antichi trattati di anatomia.

Secoli or sono si dissezionavano i corpi e si prendeva atto della presenza di tanti organi, ciascuno preposto ad un compito specifico.

Ma sulle reali modalità di funzionamento di ciascuno di essi vi era il buio assoluto allora (e solo una fioca luce oggi).

Data la complessità del cervello il problema della comprensione del suo funzionamento è ben più arduo da risolvere.

Le riviste di divulgazione parlano di una quantità spropositata di elementi all’interno della nostra scatola cranica: “100 miliardi di cellule (i neuroni) ognuna delle quali sviluppa in media 10 mila connessioni con le cellule vicine”, attraverso dendriti e assoni, i dispositivi di input e di output, al punto che “il numero totale delle connessioni che i neuroni di un cervello umano riescono a stabilire supera il numero di tutti i corpi celesti presenti nell’universo”.

Premesso che non si sa chi conosca l’esatto numero di tutti i corpi celesti e tenuto conto della più che probabile approssimazione delle cifre esposte, resta il fatto che ci troviamo senz’altro di fronte ad una realtà che supera le nostre capacità di analisi.

Ecco un altro dei “limiti dell’intelligenza”, e non il meno importante.

Oltretutto non si tratta di una semplice questione di numeri. Il dialogo tra “periferia” e “centro” ed anche quello tra i vari elementi della nostra “direzione centrale” avviene in parte sotto forma di impulsi elettrici di potenza variabile e in parte come scambio di elementi chimici dal mutevole dosaggio.

Quanto è più semplice il funzionamento dei nostri computer, che si basa su un linguaggio binario alimentato solo da segnali elettrici di potenza costante!

E, inoltre, siamo certi che il neurone sia effettivamente l’unità di base del sistema? In un mio precedente articolo ho parlato di microcosmo e di macrocosmo. Noi possiamo analizzare ciò che i nostri sensi ci sottopongono. Possiamo andare un poco più in là utilizzando gli strumenti che la nostra mente ci ha messo a disposizione. Ma nulla di più.

Sono limitati i nostri sensi, è limitata la nostra mente.

Arriverà il momento in cui riusciremo a comprendere tutto?

No. No, perché non potremo mai superare quei limiti fisici impostici dalla natura al momento del nostro concepimento e della nostra nascita.

È una questione puramente materiale. È come se una formica volesse sollevare un macigno. Tante formiche insieme possono spostare un piccolo sasso. Ma nulla di più. E l’universo è infinito.

Dalla notte dei tempi gli uomini hanno istintivamente raffigurato questa realtà nel dualismo tra la nostra minuscola natura e l’onnipotenza di un ente chiamato dio.

Ma questo dipinto nel corso dei secoli si è andato sbiadendo e il cervello umano, affinando pian piano le sue capacità, si è illuso di arrivare a mete un tempo neppure ipotizzabili.

Non ha tenuto conto che esso continua a risiedere in un corpo alto 170 centimetri, all’interno di una scatola cranica capace di ospitare un organo di 1.200 cc e del peso di 1,5 kg., misure che possono espandersi veramente di poco!

Tutto questo ragionamento intende arrivare ad una semplice conclusione: la nostra intelligenza è limitata e non potrà mai crescere più di tanto, esattamente come il nostro corpo ha dei limiti fisici che non potremo mai estendere a nostro piacimento.

Il mondo della natura è immenso. Quel frammento sul quale ci siamo evoluti (il pianeta Terra) ospitava tante altre entità che avrebbero dovuto essere nostre compagne di viaggio.

Ma, essendo gli “organi di comando” di queste ultime inferiori ai nostri, le abbiamo asservite o distrutte, senza tener conto della interdipendenza di tutti gli elementi co-evolutisi in un medesimo ecosistema. E senza neppur tener conto della limitatezza delle risorse a nostra disposizione.

Abbiamo cioè creato dei problemi che ora la nostra mente, a causa della sua limitatezza, non è in grado di risolvere.

Ecco dove nasce l’importanza della consapevolezza dei limiti della nostra intelligenza. Se ne prenderemo coscienza potremo forse fermarci. Saremo in tempo per salvare il fenomeno “vita” sul pianeta? È impossibile saperlo, ma una cosa è certa: la fiducia sulla illimitatezza della nostra intelligenza non può che condurci al disastro finale.


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