L’uomo è l’unico
tra gli animali cosiddetti superiori a costruire abitazioni su più piani.
Lo fa perché è
in grado di farlo (il suo cervello super evoluto gli consente di fare questo e
ben altro).
Lo fa perché è conveniente farlo (un solo basamento e un solo tetto per più nuclei abitativi).
Lo fa perché consente
ad un numero elevato di persone di abitare entro il perimetro delle città in
cui si svolgono gran parte delle attività lavorative, amministrative, culturali
ecc.
Ma, inconsapevolmente,
lo fa anche per un altro motivo, che, passo dopo passo, andiamo ora ad
indagare.
Nei miei libri
mi sono soffermato a lungo sulla nocività della nostra specie per la biosfera.
Ho paragonato gli esseri umani alle cellule tumorali: ci riproduciamo con lo
stesso ritmo frenetico ed invadiamo e distruggiamo in modo analogo i tessuti
sani limitrofi.
Questa attività
patologica però non è addebitabile, a mio avviso, ad alcun “istinto malvagio”
della razza umana: semplicemente è l’inevitabile conseguenza della super
evoluzione cerebrale già ricordata.
Anzi, l’uomo è
anche in buona fede quando spinge sull’acceleratore del progresso: ritiene di
rendere un servigio alla propria specie, di sviluppare tecnologie utili a migliorare
la qualità della vita dei propri simili. E tra queste tecnologie vi è anche la propensione
a costruire abitazioni su più livelli.
Questa tecnica
costruttiva secondo Lewis Mumford prende avvio a fine Medioevo.
«Nello schema medievale, la città si estendeva
orizzontalmente e le fortificazioni erano verticali. Nell’ordine barocco la
città, confinata entro le fortificazioni, poteva svilupparsi solo verticalmente
con caseggiati a più piani …» (L. Mumford, La Città nella Soria, Milano, Tascabili
Bompiani IX ediz., 1996, p. 453)
Ma, pur
accettando come attendibile questa ipotesi, vi è da dire che la crescita
verticale delle abitazioni umane è proseguita, ed anzi si è incrementata, anche
quando le città non furono più racchiuse entro fortificazioni e presero ad
estendersi nuovamente anche in senso orizzontale.
Sempre Mumford
così spiega queste due direzioni espansive:
«Con l’invenzione della diligenza, della
ferrovia e infine del tram, si ebbero per la prima volta nella storia mezzi di
trasporto di massa. La distanza che era possibile percorrere a piedi cessò di
costituire un limite all’estensione della città, il cui ritmo di crescita
aumentò vorticosamente …» (ibidem, p. 535)
«Questo discorso sull’ampliamento in
superficie della città commerciale dall’Ottocento in avanti vale anche per la
sua espansione verticale favorita dall’invenzione dell’ascensore. Quest’ultima
in un primo tempo fu limitata alle maggiori città del Nuovo Mondo. Ma gli
errori radicali che vennero a suo tempo commessi nell’ideazione dei grattacieli
si sono ora diffusi a tutto l’universo… Tutti gli sbagli commessi nelle città
americane si stanno così ripetendo su scala altrettanto orrenda in Europa e in
Asia … il grattacielo divenne un simbolo di “modernità”.» (ibidem, p. 536)
Da notare che l’americano
Mumford scriveva innanzitutto per i suoi compatrioti e lo faceva nel 1961. Oggi,
a 58 anni di distanza, quanti argomenti in più avrebbe potuto addurre a
sostegno delle sue tesi! Uno di questi è l’oggetto del presente articolo, ma
prima di sviscerarlo soffermiamoci un attimo su quel simbolo di superbia e di presunzione
che è il grattacielo.
Nel mio blog (https://ilcancrodelpianeta.wordpress.com/)
vi è una pagina dal titolo “Torri di Babele” dove passo in rassegna le 20 più
alte torri del mondo, in ordine crescente fino ad arrivare alla “Burj Khalifa”
di Dubai, alta oltre 800 metri e attualmente il più alto edificio del pianeta (in
attesa che sia completato il grattacielo che supererà per la prima volta il
chilometro di altezza, attualmente in costruzione a Jeddah - Arabia Saudita).
Perché dedicare
una pagina di un blog alla descrizione e alle foto degli edifici più alti del
mondo? Perché essi raffigurano egregiamente lo smisurato desiderio di
onnipotenza dell’essere umano che già aveva attratto l’attenzione e la condanna
del narratore biblico nell’episodio della Torre di Babele, descritto in Genesi,
11,1-9.
E la gran parte
di queste “Torri di Babele” moderne sorge oramai in Asia, ben 16 tra le prime
20, esattamente come aveva predetto Mumford quasi sessant’anni fa.
Ma, attenzione,
questa tendenza a costruire edifici sempre più alti, di cui la realizzazione
dei grattacieli è solo la punta dell’iceberg, nasconde un segreto inconfessabile
che l’uomo contemporaneo non ha il coraggio di manifestare neppure a se stesso!
Proviamo a
disvelarlo per la prima volta e vediamo se la sua conoscenza potrà servire allo
scopo che mi prefiggo, e cioè rendere edotto Homo sapiens della sua natura tumorale nei confronti della biosfera.
Cominciamo col
chiederci: quanta parte del globo è ricoperta dalle colate di asfalto e cemento
su cui poggiano le nostre città e con le quali impediamo a Madre Terra di
respirare e alla vegetazione di crescere?
Calcolo
oltremodo difficile. Secondo alcuni la superficie occupata dalle città sarebbe
limitata all’1 – 3 % del pianeta (fonte Focus.it “L’impronta delle città sul
pianeta”), nonostante che in esse risieda ben oltre il 50 % della popolazione
mondiale.
La stima è
vecchia e certamente inesatta per difetto.
In Italia l’ISPRA
(Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) pubblica
annualmente un rapporto su “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi
ecosistemici”. L’edizione 2018, reperibile in rete, indica che nel nostro Paese
la stima della cosiddetta “superficie artificiale” (quella ricoperta da
asfalto, catrame, cemento ecc.) si attesta nel 2017 al 7,75 % dell’intero
territorio nazionale (esclusi i corpi idrici), pari a poco più di 23.000 km
quadrati.
Il medesimo
rapporto precisa come siano difficoltosi i confronti internazionali in quanto
il consumo del suolo non è monitorato in maniera omogenea, ma informa che in
Europa Eurostat ha promosso la rilevazione “LUCAS” (Land Use and Cover Area frame
Survey), secondo la quale nel 2015 la “superficie artificialmente ricoperta” a
livello europeo sarebbe intorno al 4,2 % di quella totale (in quell’anno l’Italia
era al 6,9 %).
Ma il vero
superamento delle difficoltà di confronto tra i vari Paesi è già in atto a cura
dell’Agenzia Spaziale Tedesca (DLR), la quale, utilizzando 180.000 immagini
radar di due suoi satelliti, ha dato vita al progetto Global Urban Footprint,
ha cioè mappato l’intero pianeta suddividendo la superficie terrestre in tre
tipi di copertura: insediamenti (in nero), superficie terrestre (in bianco) e
acqua (in grigio). Il tutto con una precisione stupefacente ovvero una
risoluzione spaziale di 12 metri per cella di griglia.
La mappa è di libera consultazione e risulta estremamente suggestiva, come si può vedere dall’immagine qui riportata, relativa al nord Italia.
Non è possibile
a occhio valutare con esattezza la percentuale di suolo effettivamente “urbanizzata”
e, salvo errori, l’Agenzia Spaziale Tedesca non ha fornito cifre al riguardo.
Ma è
sufficiente ciò che l’immagine mostra per condurre a termine il nostro
ragionamento.
Pensiamo
infatti quanti punti neri vi sarebbero sulla piantina se le nostre costruzioni,
anziché svilupparsi in altezza, fossero tutte monopiano.
Dovremmo moltiplicare
le percentuali di copertura del suolo per quante unità? Io credo almeno per 5,
ma forse per 6, 7 o anche più: teniamo presente che anche le attuali
costruzioni cosiddette monopiano in realtà hanno un seminterrato e un
sottotetto, costituendo così a tutti gli effetti degli edifici a tre piani.
E dunque il
7,75 % di copertura del suolo italiano diventerebbe il 38,75 % o il 46,5 % o il
54,25 % o ancora di più?
Più della metà
del territorio nazionale sarebbe cementificato! E noi oltretutto sappiamo che
non è solo la cementificazione la causa di alterazione irreversibile del suolo:
ad essa si aggiungono significativamente agricoltura e allevamenti intensivi, inquinamento,
smaltimento rifiuti incontrollato ecc. ecc.
In altre
parole, il collasso che per il momento siamo ancora riusciti a rinviare sarebbe
già avvenuto da tempo.
E dunque, a
conclusione del ragionamento, possiamo affermare che la propensione a edificare
costruzioni su più piani, seppure inconsapevolmente e fortuitamente, è il
sistema che l’essere umano ha escogitato per potersi riprodurre più di quanto la
disponibilità di suolo del pianeta gli avrebbe consentito.
La nuova tendenza
del villaggio globale a crescere in altezza con grattacieli sempre più alti persegue
anch’essa il medesimo fine?
È probabile, ma
pur con tutti questi espedienti i limiti della sostenibilità prima o poi verranno
raggiunti, ed allora il redde rationem
non potrà che essere triste e doloroso.
In realtà già i romani costruivano "case" alte 4-5 piani (anche i romani erano sovrappopolati.)
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